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Ai tempi dello smart working le richieste dei cittadini si fanno più pressanti. Il primo banco di prova per la nuova giunta

Ai tempi dello smart working le richieste dei cittadini si fanno più pressanti. Il primo banco di prova per la nuova giunta

Ci stiamo avviando verso nuove restrizioni. Si parla di coprifuoco, di far rimanere a casa gli over 70enni, di scuola superiore tutta in DAD (didattica a distanza), di chiusura dei musei e delle sale da gioco (e meno male), di smart working aumentato fino alla possibilità di esercitare le funzioni da remoto senza recarsi in ufficio e senza, di conseguenza, consentire il flusso di cittadini negli uffici pubblici e anche in alcuni di quelli privati. A nemmeno metà percorso dell’autunno, e con un lungo e “gelido” inverno alle porte, ci ritroviamo con la pandemia in uno dei momenti più cruenti della sua carica virale e del terrore che incute in ognuno di noi. Abbiamo tutti paura del coronavirus e lo esorcizziamo ognuno a modo nostro. Alcuni sminuendo la sua portata e relegandolo a semplice raffreddore, altri enfatizzando fino alle soglie della catastrofe. Sono in pochi a cercare di rimanere freddi e determinati per riorganizzare le comunità bisognose, mai come ora, di guide sobrie ma serie e precise. Le misure di prevenzione ormai le consociamo tutti e siamo chiamati a rispettarle. Giorni fa avevo invitato liberamente tutti a rimanere quanto più possibile in casa, senza sentirsi costretti. Ma facendolo solo per un grande senso di responsabilità, lo stesso che ci ha accompagnati durante la prima ondata della pandemia. In questa seconda fase sembra che siamo un pò meno propensi a rispettare alcune regole; forse tutti stanchi e senza riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel: quella di un vaccino certo e sicuro che ci metta al riparo dai contagi. Ma abbiamo il dovere di fare più di quanto già fatto, recuperando quello spirito di comunità che ci ha visti uniti da febbraio a maggio scorso in una delle dimostrazioni migliori di cosa possa significare condividere una responsabilità.
Accanto alle essenziali e vitali regole per il contenimento del contagio, ce ne sono alcune organizzative che spettano alle pubbliche amministrazioni e, quindi, anche all’amministrazione di Conversano. E sono riferite al rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione nel momento in cui queste ultime fanno ricorso allo smart working come è giusto che sia. Tutto ciò che si può fare da remoto, è bene che lo si faccia. Ma rimane un problema di organizzazione per non lasciare le esigenze del cittadino fuori dalla porta. Il sindaco e la sua giunta sono chiamati ad organizzare questo servizio, insieme alla parte amministrativa, al fine di lasciare intatti i diritti ad “essere serviti” dei cittadini stessi. Per semplificare, un cittadino che ha bisogno di parlare con un ufficio lo deve poter fare in più modalità: la prima è quella di recarsi in Municipio (solo nei casi di assoluta necessità di presenza propria e del funzionario) dopo un appuntamento ufficiale preso telefonicamente o per email; la seconda deve prevedere la possibilità di colloquiare da remoto attraverso collegamento online che sostituisca il contatto diretto. Per fare un esempio, se un tecnico deve colloquiare con l’ufficio urbanistico deve poter attivare un collegamento (skype, meet ecc…) e deve poter avere la possibilità, dopo formale appuntamento, di poterlo fare senza che nessuno vada nel panico. Da queste modalità sembrerebbero tagliati fuori i più anziani poco avvezzi all’utilizzo delle tecnologie. E anche per questa necessità deve essere la pubblica amministrazione a rendere fruibili i servizi ricorrendo al welfare di prossimità o al coinvolgimento dei centri diurni degli anziani o ancora alle associazioni dove gli anziani si ritrovano o ritrovavano prima della pandemia, nella consapevolezza di dover riorganizzare tutta la macchina amministrativa e il rinnovato rapporto tra stanze della pubblica amministrazione (il famoso palazzo) e cittadino.
Da qualche mese mi capita, e non capita solo a me, di trovarmi di fronte a richieste di cittadini che non riescono ad orientarsi in questa nuova fase anche perché, la stessa pubblica amministrazione non si è dotata di una organizzazione al passo con ciò che stiamo vivendo. E anche perché la nostra città si è permessa il lusso di stare quattro mesi orfana di se stessa per precise e già indagate responsabilità politiche.
Il nuovo governo della città, al quale non auguro lo stesso trattamento riservato dall’opposizione al governo precedente fatto cadere (nel maggio scorso) in piena pandemia quando c’era chi lavorava giorno e notte e chi fastidiosamente e senza un minimo di responsabilità eccepiva come se si stesse vivendo in regime di ordinarietà, è chiamato a dare immediate risposte. Siamo nella nazione che cambia, o meglio tenta di cambiare, dopo eventi forti quali un terremoto e in questo caso una pandemia. Questa pandemia, alla quale ci dobbiamo approcciare di nuovo con grande responsabilità e seguendo quelle che sono le prescrizioni più volte ripetute, deve portare la nuova amministrazione a porsi come primo problema in assoluto la propria riorganizzazione strutturale: uffici, strumenti, percorsi formativi per funzionari, informazione ai cittadini dei nuovi processi amministrativi. In poche parole, bisognerà andare oltre le tifoserie, oltre il sorriso o il broncio degli amministratori e incontro ad una vera e propria rivoluzione culturale di quello che dovrà essere un rinnovato rapporto tra pubblica amministrazione, cittadino e conciliazione dei tempi di vita e lavoro di ognuno. Il paradigma di chi si approccia a governare questa nostra città con il pensiero agli eventi estivi così tanto sventolati in campagna elettorale deve segnare il passo e lasciare strada ad una amministrazione nuova. Perché fino ad ora c’è solo una nuova amministrazione.
Se questo governo saprà cogliere l’attimo lo staremo a vedere e non avremo pregiudizi.

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