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Paquale D’Attoma, una vita dentro la notizia

Paquale D’Attoma, una vita dentro la notizia

Videoreporter al TG Norba dal febbraio 1984, il suo occhio è passato  dalle guerre nelle zone calde della Moldavia, ai fatti di cronaca locale, dall’alta moda ai campionati europei di calcio del 1988 in Germania, fino ad arrivare alla caduta del comunismo in Albania. Già vincitore nel 2000 del premio giornalistico Marcello Palmisano in onore al cineoperatore morto a Mogadiscio con il documentario “Alle origini della Tratta”, un reportage dalla Moldavia sulla tratta della prostituzione e poi  il premio internazionale Stampa Cattolica UCSI 2001.

Di recente ha vinto l’XI edizione del premio «Giornalista di Puglia» dedicato a Michele Campione per la migliore foto scattata a tre egiziani che si erano fermati con la loro macchina in una angolo di sosta della strada provinciale per pregare. Noi lo abbiamo intervistato per scoprire l’evoluzione del mestiere di videoreporter nell’era delle nuove tecnologie.

Pasquale pensi che le nuove tecnologie stiano agevolando il tuo lavoro di operatore e più in generale il mestiere del giornalista?
Sicuramente si, ad esempio per quello che riguarda la mia professione è stato sufficiente avere uno smartphone per poter catturare le foto dei tre egiziani che si accingevano a pregare. Se non ci fosse stato il cellulare nel tempo che avrei impiegato a scendere dalla macchina e prendere la telecamera avrei perso lo scatto. A volte è proprio questione di attimi, ben vengano dunque le nuove tecnologie. E poi lo viluppo di tutti questi nuovi sistemi e modi di comunicare, oltre a ridurre i tempi, ti spinge ad un continuo aggiornamento, ad evolverti in settori che fino a qualche tempo fa non erano di tua competenza, insomma a  imparare a saper fare tutto. Ad esempio ora che in molti caso l’operatore si occupa anche del montaggio dei servizi è un bene perché sai dove fare i tagli, conosci il perché di certe riprese e il contesto nelle quali sono state girate ”.
Secondo te i giovani hanno ancora voglia di avvicinarsi al mondo del giornalismo e della tua professione?
Difficile dare una risposta, vista la crisi che tutto il mondo dell’editoria sta passando in questi anni. Quello che posso dire è che il nostro è un mondo di sacrifici, perché non è il “classico” lavoro di ufficio delle 8 ore al giorno, nel mondo delle news non ci sono sere, notti, Natali e festività perché quando si è chiamati bisogna andare. In 30 anni di lavoro ho fatto molte trasferte anche una decina di giorni fuori casa, ad esempio mi ricordo quelle nelle zone calde della Moldavia o della Serbia, mi ricordo gli spari i nascondigli di fortuna, la paura di perdere l’attrezzatura, o ancora ricordo che nel 1989 iniziarono le prime rivolte a Scutari dove la gente chiedeva la demolizione della statua di Stalin. La rivolta si era diffusa nelle altre città i comunisti furono sconfitti alle elezioni del marzo 1992, questo tra il collasso economico e i disordini sociali…certo è che se in questi frangenti avessimo avuto a disposizione le tecnologie che ci sono oggi il nostro lavoro sarebbe stato molto più semplice e veloce. In quegli anni per far arrivare in redazione il materiale bisognava aspettare giorni o aspettare di rientrare per consegnarlo, una volta ad esempio lo abbiamo consegnato ad un capitano di una nave accollandoci tutti i rischi che questo comportava, di fatti in un’occasione un reportage girato in un ospedale in Moldavia non è mai arrivato. Oggi questo non sarebbe successo”.
Le nuove tecnologie applicate al mondo dell’informazione lasciano molta libertà a tutti di documentare fatti di cronaca o disservizi vari, che ne pensi?
Da un lato è positivo perché in questo modo si riescono a documentare situazioni che spesso sfuggono, ma l’informazione televisiva delle news è un’altra cosa per funzionare ha bisogno di più approfondimenti, di verificare le fonti di confronto tra le parti”.
Se non avessi fatto questo lavoro cosa ti sarebbe piaciuto fare, nel tuo lavoro hai modelli di riferimento ai quali ispirati?
“La mia vita è con una cinepresa in mano, magari se non mi fossi dedicato al mondo dei telegiornali e delle news mi sarebbe piaciuto fare dei documentari, dei reportage. Di modelli specifici non ne ho, perché nel mio mestiere di operatore per i TG quello che conta è l’intuito. La differenza la fa l’occhio: sapere capire dove c’è una notizia, saperti distinguere dagli altri nel modo di fare le riprese magari anche se si sta seguendo un convegno. Ma soprattutto quello che conta è sentirsi soddisfatti del proprio lavoro”.
A chi dedichi questo premio?
“In primo luogo lo dedico  a mia moglie e poi un ringraziamento speciale al direttore che ci spinge sempre a migliorare nel nostro lavoro e a dare il meglio”

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Un commento

  1. semplice e reale bravo Pasquale un mondo di auguri

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