Rapimento di Aldo Moro. “Quel 16 marzo 1978 ero nel mio liceo a Roma alle prese con il compito di greco…”

 Il giorno del rapimento del Presidente della DC Aldo Moro nel ricordo di Ilaria La Gioia attualmente residente a Conversano

Conversano – Era una mattina come tante. La primavera si approssimava e benché Roma la mia città, sia una metropoli, il profumo dei fiori lo si percepiva bene. Io dovevo andare a scuola perché avevo il compito in classe di greco e certo, con una giornata così non ne avevo molta voglia, ma dovevo.

Iniziai a tradurre, sembrava abbastanza facile; infatti prima dello squillare della campanella, consegnai la mia traduzione. Chiesi all’insegnante di uscire per una pausa. I corridoi della scuola erano insolitamente vuoti e silenziosi, l’aria era sospesa; ad un tratto sentii voci concitate, passi affrettati. Cosa stava succedendo?  Poco dopo incontrai due compagni di un’altra sezione e così  venni  a  conoscenza del rapimento dell’onorevole Aldo Moro.

Incredula e spaventata ritornai  velocemente in classe. Dall’altoparlante ascoltammo la voce del preside rotta dall’emozione, che ci comunicava il da farsi: eravamo convocati tutti in aula magna per discutere del drammatico ed efferato accaduto. “Il presidente della Dc, è stato rapito da un commando delle Brigate Rosse. Hanno massacrato i cinque agenti della scorta, in via Mario Fani.”  Ammutoliti  e spaesati alcuni di noi, altri iniziarono un acceso dibattito. La confusione fu assordante come assordante fu l’udire in lontananza le sirene delle macchine della polizia e il rumore incessante degli elicotteri che sorvolavano la città. Alla fine dell’assemblea ritornai a casa stordita, preoccupata ed impaurita. La percezione che i tempi stavano veramente cambiando era nell’aria di quella mattina come tante,  una mattina qualunque che stravolse l’Italia che da quel giorno cambiò per sempre.

Per l’onorevole Aldo Moro, quel giorno invece, doveva essere molto importante: avrebbe partecipato ad un dibattito parlamentare che avrebbe visto per la prima volta nella storia repubblicana, l’appoggio esterno del Partito Comunista, il cui segretario era l’onorevole  Enrico Berlinguer.

Dal giorno successivo fino al tragico 9 maggio, giorno in cui il Presidente della Democrazia Cristiana fu trovato morto nel portabagagli di un’auto, ho ricordi sospesi: Roma aveva posti di blocco ovunque, macchine della polizia che sfrecciavano per le vie della città, la gente incredula, scossa e ammutolita era disorientata. Nessuno mai avrebbe immaginato un tale evento nei riguardi di un uomo così mite come l’onorevole Aldo Moro.

Voglio chiudere qui questo mio  breve racconto in ricordo del 16 marzo 1978, citando le commoventi parole del Presidente della Dc:

Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino, ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo”. (Aldo Moro)

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