La salute mentale ha rappresentato un tabù fino alla famosa legge Basaglia, una delle norme più innovative al mondo come fu definita nel 1980, e come ancora adesso viene considerata.
Una legge che aboliva di fatto i manicomi e apriva le porte al mondo per utenti psichiatrici che avrebbero dovuto seguire un percorso delineato dalle strutture territoriali insieme alle famiglie. Una legge che ha dato i suoi frutti e consentito tanti “ritorni alla vita“.
Ma che non si è compiuta nella sua interezza soprattutto laddove i servizi territoriali non hanno funzionato o non funzionano. La città di Conversano, il suo servizio territoriale, vanta illustri precedenti ed è stato considerato in passato come uno dei riferimenti regionali più virtuosi.
Nonostante ciò si continuano a vivere momenti difficili e non sono poche le grida di dolore di famiglie che continuano a sentirsi scoperte, e non supportate, dalle strutture preposte a seguire gli utenti psichiatrici che vivono nelle proprie abitazioni.
L’intervista che segue è stata fatta ad una partente prossima di un utente psichiatrico e mostra tutto il dolore di chi vive una quotidianità, soprattutto quando l’utente decide di smettere di curarsi, fatta di frustrazione e a volte timore.
Chiameremo l’utente con P. e l’intervistata con A. per la tutela della privacy dell’intero nucleo famigliare.
A., cosa vuol dire vivere con un paziente psichiatrico? Quanti pregiudizi bisogna superare e quanto, secondo lei, è pronta la comunità ad accettare una convivenza che è difficile ma che si è dimostrata possibile in alcuni posti dove funzionano benissimo le strutture territoriali?
La convivenza con un paziente psichiatrico è difficilissima, impossibile: non si riesce ad entrare nel loro mondo, a vivere e vedere ciò che vivono e vedono loro. È una realtà completamente differente, fatta di allucinazioni assurde, a volte difficili anche da comprendere.
Questi “malati psichici” dovrebbero vivere in strutture create su misura per loro, dove devono essere seguiti costantemente. Nel caso in cui vengono lasciati nel proprio nucleo familiare, anche quest’ ultimo deve essere seguito, affiancato, consigliato, SUPPORTATO, in quanto ogni approccio sbagliato con loro (ed è facilissimo sbagliare) può portare a conseguenze anche gravi.
Recentemente avete scoperto che il CSM (Centro di Salute Mentale) aveva cambiato il medico a P. e che, da più di sei mesi, lui stesso non seguiva più la terapia farmacologica. E ‘noto che, essendo P. maggiorenne, il CSM non aveva l’obbligo di avvisare la famiglia ma solo l’amministratore di sostegno. Era stato avvisato, in questo caso?
Nel mio caso, vivendo in famiglia e soprattutto con un genitore molto anziano e disabile, il CSM avrebbe dovuto informarci costantemente su tutti i cambiamenti e sulle conseguenze a cui si andava incontro: sembra che nell’ultimo periodo ci sia stato un cambio di terapia che non è stato comunicato neanche all’amministratore di sostegno. Questo cambio ha risvegliato odio, rancore nei confronti del genitore convivente, portandolo a reazioni anche un po’ violente.
L’ amministratore di sostegno fu nominato perché P. utilizzava i soldi della propria pensione per comprare tabacco e “gratta e vinci”. Nonostante la presenza dell’amministratore di sostegno P. continuava a chiedere soldi ai parenti. Reagendo a volte con una certa violenza, cosa che in una recente occasione ha determinato un malore grave ed un ricovero ad una parente prossima. Come avete gestito questa situazione?
Come abbiamo gestito? Di fatto nessuno poteva aiutarci, di conseguenza sono stata io a portarlo in un pronto soccorso e dietro mia insistenza, lo hanno ricoverato in psichiatria, in quanto P. non assumeva la terapia farmacologica già da tempo, con conseguente delirio.
Come pensate di gestire questa nuova fase? Come pensate di affrontare da soli una simile situazione e cosa vi aspettate dalle strutture territoriali che seguono P. che, a volte, si esprime ipotizzando azioni forti contro se stesso e terzi? I demoni interiori di P. temi possano diventare reali?
Non ho assolutamente idea di come gestire il tutto, visto che le strutture competenti continuano a lavarsene le mani di tutta la situazione, dicendo che la malattia è questa, P. sta cominciando ad esternare ed è una cosa positiva…peccato però che continua a non assumere i farmaci… Una volta a settimana P. percepisce dei soldi che dovrebbe usare per fare anche un po’ di spesa, ma lui, in pochissimo tempo, li spende per tabacco e gratta e vinci….
Continua a fare discorsi strani sui mostri, parla di suicidio, racconta di violenze che lui crede di aver ricevuto durante la sua infanzia, ma mai avvenute. Sinceramente…. Non so se i mostri possono diventare reali… purtroppo, per lui lo sono!!!
Ha mai provato un senso di impotenza nel risolvere e gestire nel migliore dei modi la vita di P. al quale vanno dati tutti gli strumenti pubblici possibili per vivere una vita al riparo da possibili pericoli?
Sono 35 anni che vivo con il senso di impotenza: è mio fratello, fa male vederlo così…