Se un dipendente di un supermercato è costretto a pagare l’acqua per dissetarsi. Il lavoro povero e il ritorno alla schiavitù

Una bottiglia d’acqua può rappresentare un momento di refrigerio nelle calde giornate estive o comunque
quando si ha sete, ma può rappresentare anche un pugno nello stomaco quando ti accorgi che le cassiere di
un qualsiasi ipermercato della nostra città lo acquista e ne appone lo scontrino sulla bottiglia, per
confermare l’avvenuto pagamento.
Non vorremmo scomodare Gesù Cristo che ci ha insegnato a “dare da bere agli assetati” e neanche vorremmo dare dei giudizi sui titolari dei supermercati perché non sappiamo se
successivamente i soldi delle bottiglie vengono restituiti.

Ma mettere in mostra lo scontrino mortifica il lavoro, le lavoratrici e soprattutto il rapporto titolare -dipendente. Si parla spesso di condizioni di lavoro al limite (anzi oltre) della vergogna: basti pensare ai braccianti agricoli residenti in ghetti come Borgo Mezzanone. Ma andare a lavorare sapendo che anche la tua sete ha un prezzo non è certamente il modo migliore per iniziare la giornata lavorativa.
Il pagamento della bottiglia d’acqua da parte dei dipendenti è solamente la punta d’iceberg di quella che è
la situazione di molti lavoratori oggi in Italia. Basti pensare alle aggressioni che subiscono nei pronto
soccorso medici e infermieri o le recenti morti di rider, molto spesso ragazzi, che in bici consegnano cibo.
Certo il governo, numeri alla mano, dice che in Italia il numero degli occupati è aumentato. Ma quali sono le
condizioni di lavoro? Esistono dei contratti che li tutelano? A quanto ammontano gli stipendi? Stipendi
bassi per quasi tutte le categorie rispetto ai colleghi europei.
Certo il governo fa il suo e annuncia l’aumento degli occupati come un successo.
I sindacati, associazioni nate per difendere il lavoratore, speriamo stiano studiando le nuove tipologie di
lavoro per offrire il loro contributo e rendere migliori le condizioni di lavoro.
Ci sono giunte notizie su storie di dipendenti a cui è stato vietato di sedersi durante le ore lavorative e per
questo sono state eliminate le sedie dall’arredo. L’eliminazione delle sedie è inquietante, ma la spiegazione
è anche peggio. Pare che le sedie siano state eliminate per dare l’impressione ai clienti che nel negozio c’è
sempre da lavorare.
Nelle settimane scorse un giornale nazionale, parlando della proposta fatta in Grecia di portare le ore
lavorative a 13 titolava: “Ritorno alla schiavitù!. Forse in maniera subdola la schiavitù è già arrivata e noi
continuiamo a fare finta di niente, fino a quando qualcuno non ci chiederà di pagare l’aria che
respiriamo durante le ore lavorative.

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