La XXI edizione di Lector in fabula, organizzata dalla fondazione Di Vagno, è appena terminata. Una rassegna che quest’anno ha varcato i confini della città di Conversano per approdare, con alcune iniziative, in paesi limitrofi come Putignano, Rutigliano, Turi, Castellana, Bari.
Un festival cosiddetto “diffuso” che ha avuto i suoi pro e contro e che, comunque, ha mostrato il suo piatto forte, “l’approfondimento di alcuni temi”, e qualche sua criticità, “il numero di eventi” che si sono accavallati e che a volte hanno registrato una scarsa partecipazione, a dispetto della qualità delle proposte e l’autorevolezza dei relatori.
La partecipazione delle scuole, invece, nelle iniziative mattutine continua a rappresentare un “unicum” nel panorama della proposta culturale complessiva dell’intero territorio regionale.
Se proprio si dovesse analizzare un’altra criticità a cui rivolgere attenzione, questa è rappresentata dal rapporto tra il Festival e la città di Conversano. Un rapporto difficile nel senso che i giorni in cui si tiene Lector in fabula non si trasformano in una festa culturale della città, ma rimangono appannaggio dei frequentatori di Lector, alcuni naturalmente di Conversano e altri provenienti da paesi vicini (e anche lontani). Manca un coinvolgimento reale di pezzi importanti della città, associazioni e istituzione in primis. I dirigenti della fondazione sono a conoscenza di questo problema e ci stanno lavorando, al fine di aprire un simile evento all’interesse di tutti.
Ma la fondazione Di Vagno non è solo “Lector in fabula“. L’attività quotidiana di animazione della Community Library, la cura e gestione degli archivi sempre più ricchi, ne fanno un punto di riferimento culturale regionale e nazionale. E un pezzo di futuro della stessa istituzione culturale è rappresentato proprio dalla qualità degli archivi, dalle continue richieste di custodia e cura di documenti che hanno segnato fatti e personaggi del XX secolo.
Ma da dove nasce questa attività della fondazione? “Nasce dalla provocazione-minaccia che ricevetti dalla Direttrice della Soprintendenza archivistica di Bari, Mimma Massafra, che avrebbe “dichiarato” di interesse storico le mie povere “carte” residue se avessi insistito per distruggerle – risponde senza esitazione Gianvito Mastroleo – presidente onorario della fondazione Di Vagno, che negli ultimi vent’anni ha portato l’organizzazione, di cui era rimasto solo il nome e lo status giuridico, a diventare un punto di riferimento per tutti coloro che custodivano fondi documentali e che hanno visto nella “Di Vagno” un luogo dove, quelle carte e documenti, sarebbero tornate a “parlare”.
“Fu una vera sfida. Assieme all’inseparabile amico e collaboratore Sabino De Nigris che assieme a Rocco Murro furono i primi sostenitori decidemmo di rivolgerci al mondo socialista disperso e diviso con la speranza, ma anche l’utopia, di contare sul volontariato di anziani e giovani compagni che sulla prospettiva di scavare nella propria storia collettiva avessero potuto ritrovare anche quella parte del gusto o della necessità del ritrovarsi assieme e saper ricercare le ragioni e i rimedi, di un percorso che ho sempre sperato solo interrotto“, continua Mastroleo come un fiume in piena.
“Se agli storici mancasse il supporto della documentazione sarebbero del tutto impossibilitati ad assolvere al compito: ed è per questo che nell’incontro del marzo 2003 con il primo nutrito gruppo di socialisti garantimmo che con la Fondazione Di Vagno avremmo cercato di assolvere a questa funzione, assicurando tutti che delle “carte” che ci sarebbero state date avremmo saputo fare il migliore governo possibile. Come è stato“.
“Mentre stavo facendo ripartire la Fondazione, mi trovai a decidere di cosa fare delle carte mie personali sopravvissute e ne parlai con Mimma Massafra. E lei per prima cosa fece un bel decreto di vincolo per il rilevante interesse storico di quelle carte (“così non fanno la fine delle altre”, disse!); poi mi raccontò di un Convegno di archivisti a Torino al quale aveva partecipato un paio di mesi prima in cui era stata rilanciata l’urgenza di salvaguardare e salvare gli archivi dei Partiti e degli uomini politici. “Se vuoi fare un’operazione importante con la Fondazione – mi disse Mimma Massafra – questa lo è. E puoi partire dal tuo archivio”.
Pensai che avremmo dovuto cominciare dal ricostruire la storia dei socialisti in Puglia, partendo dal recupero delle loro carte. A tal fine scavo nella memoria e nel 2003 produco una lista, un lungo elenco di socialisti cui avremmo potuto chiedere la collaborazione attraverso il salvataggio dei loro fondi per farne un vero e proprio Archivio: Archivio dei socialisti di Puglia, appunto.
“Presi contatti con Maurizio degl’Innocenti, da poco presidente dell’Istituto di Studi Storici Filippo Turati di Firenze (lo avevano preceduto Sandro Pertini e lo stesso Gaetano Arfè) lo invitai a Bari per la presentazione dell’Archivio dei socialisti.
Ci fu un fecondo equivoco nell’invito perché io gli dissi che avremmo presentato il progetto e lui aveva capito invece che si presentava un Archivio. Quando fummo a Bari ci capimmo e scoppiammo in una fragorosa risata, prima della bella serata nella Biblioteca De Gemmis nella quale con tantissimi socialisti (era presente anche Formica) fu illustrato e prese le mosse il progetto che inizialmente vedeva la cooperazione tra noi l’ IPSAIC e il Gramsci. Un sodalizio questo non destinato a durare per una differenza di fondo nella concezione dell’archivio che c’era e (temo) resti tutt’ora; la visione che la Fondazione Di Vagno persegue è che appena arriva una carta in Archivio deve essere a disposizione degli studiosi perché ne facciano l’uso che ritengono.
“Una mano importante a noi venne da Beppe Vacca che mi mise in contatto con un archivista che aveva lavorato al progetto Archivi del 900 di cui il Gramsci nazionale era promotore e partecipe: e cioè Leonardo Musci, che da essere il coordinatore di questo progetto a tre alla fine, quando il Gramsci Puglia e l’IPSAIC si sono sfilati, è rimasto coordinatore scientifico e consulente solo della Fondazione con connotazione socialista, pur avendo lui un’altra storia politica, ma sempre di sinistra“.
E qui Mastroleo si lascia andare al ricordo commosso: “Abbiamo lavorato per anni, abbiamo trasportato, e a mani, quintalate di carte: il povero Rocco Murro, Filippo, le ragazze ne sanno qualcosa“.
L’Archivio storico della Fondazione oggi conta oltre settanta fondi cartacei catalogati e pubblicati e non solo di socialisti ma di leader nazionali comunisti, socialisti, socialdemocratici, dell’ANPI prov.le di Bari, finanche del vecchio Msi (!!) e ha molto materiale tuttora da lavorare: davvero un patrimonio archivistico di notevole spessore, oltre a interessanti fondi fotografici, tra cui gli atti del processo Di Vagno rinvenuto presso l’Archivio di Stato di Potenza.
La Fondazione – continua ancora il presidente emerito – non si limita all’operazione materiale del l’archiviazione delle “carte” ma le fa “vivere”, le racconta e le propone davvero come “nutrimento per il futuro” (lo disse Napolitano): come è accaduto ieri presentando agli studenti del liceo il Fondo dell’antifascista Francesco Fancello, un prezioso epistolario creato nel corso della sua detenzione a Ventotene, assieme a Ernesto Rossi, Altiero Spinelli, Sandro Pertini ed altri e che ci è stato affidato da Alfredo Martini, un intellettuale romano che le ha custodire per anni trovando “finalmente il luogo giusto” (come lui afferma!) per poterle custodire e valorizzare; il fondo è stato riordinato, inventariato e pubblicato, ed è stato presentato, all’interno di Lector, ad alcune scolaresche dell’ultimo anno del liceo; sono state illustrate le “carte” come come “esercizio di libertà” perchè è stata l’occasione per parlare del fascismo di ieri e quello di oggi, il tema appunto proposto ai ragazzi questa mattina che lo hanno seguito con non comune interesse“.
E non manca l’aneddoto finale: “Una paradossale curiosità: il Fondo di un importante personaggio politico non è arrivato in Fondazione perché noi possediamo quello del suo storico l’antagonista, e nulla valse la mia assicurazione che l’avremmo sistemato in stanze diverse per agitare che continuassero ad…… azzuffarsi! E’ un paradosso, è vero, ma dal quale la Famiglia non ha saputo affrancarsi!“
Le parole del presidente emerito della fondazione Di Vagno, Gianvito Mastroleo, raccontano di una fatica, ormai ultraventennale, che ha portato l’organizzazione a ritagliarsi un posto tra quelli a cavallo tra un’impostazione novecentesca e una proiettata nel futuro. Forse è già il momento di ripensarla, facendole assumere sempre più il ruolo di punto di riferimento per studiosi, storici ma anche laboratorio di idee di sviluppo che vanno oltre la cura dei documenti e la loro digitalizzazione.
Luoghi per l’elaborazione culturale, dove hanno già trovato posto iniziative originali quale la Scuola di Reportage Narrativo “Alessandro Leogrande” che vede la partecipazione di under 35 provenienti dall’Italia intera.