Alla straordinaria bellezza del nostro patrimonio artistico distribuito nel nostro centro storico e non, fa da contraltare il fastidio che si prova, a volte, nel guardare le facciate di chiese e monumenti. Abbiamo voluto fare una ricognizione e mettere in evidenza le “brutture” determinate soprattutto da cavi elettrici e telefonici che svolazzano tra un monumento e l’altro, sulle facciate delle chiese dei monasteri e sotto gli archi più importanti di ingresso alla città antica.
Si tratta di sovrastrutture che nessuno ha mai pensato di eliminare con progetti e risorse dedicate che forse avrebbero potuto trovare spazio nei fondi disponibili per i comuni, relativi al Pnrr.
Ma non è mai troppo tardi!
Le foto mostrano, in tutta evidenza, quale sia il carico visivo che questi cavi determinano e che pesano sul pregio dei monumenti. Basti immaginare quanto, per esempio, sarebbe diversa la facciata del monastero di S. Benedetto (in via S. Benedetto) se non ci fossero decine di metri di grandi cavi e grovigli attorcigliati o stesi sui muri, a quanto sarebbe diversa la facciata dei monasteri di S. Benedetto e S. Chiara (in via Marconi) se liberata da cavi e cassette che ne deturpano la vista in maniera, a volte, addirittura sgradevole. Tra cavi e guano dei colombi.
Per iniziare questa “decavizzazione” delle facciate storiche, ci sarebbe bisogno di una chiara strategia amministrativa: interloquire con i gestori dei servizi proponendo loro lo spostamento delle sovrastrutture, creare i cunicoli di servizio sotto il livello stradale, il tutto non prima di aver progettato l’intervento da sottoporre a finanziamento con linee dedicate. E non limitarsi alle sovrastrutture ma approfittare dell’occasione per una illuminazione particolare dei monumenti che non hanno bisogno di luci qualsiasi, e di qualsiasi colore, ma di un impianto di illuminazione “professionale”.
Passato ormai il treno del Pnrr, bisogna fare grande attenzione ai prossimi bandi regionali dedicati alle infrastrutture per cominciare questa opera di pulizia che dovrebbe, per la verità, interessare l’intero borgo antico, case private comprese. E ci sono esempi di alcune abitazioni i cui proprietari si sono accollati l’onere di interrare i servizi che dimostrano quanto potrebbe cambiare l’aspetto dell’intero borgo antico senza sovrastrutture sui muri perimetrali.
E’ tempo di ripulire tutto perché una Città d’Arte possa realmente dare sostanza alla parola “Arte”.