Matteo Trovisi: “Luciano potremmo accostarlo agli indiani metropolitani o agli anarchici individualisti…ma era unico”

di Matteo Trovisi

Il ricordo di Luciano mi porta automaticamente a quando eravamo giovani, anche perché per me, forse anche per la sua prematura scomparsa, lui è rimasto ancora un bel ragazzo sorridente, creativo e innovativo. La nostra giovinezza, quel momento storico che per nostra fortuna non parlava più di “primavera di salvezza”, ma di cambiamento, incominciato un decennio prima per merito dei nostri fratelli maggiori, nei favolosi anni sessanta, come li ha chiamati qualcuno, e che stava continuando ed esplodendo sotto i nostri occhi.
Eravamo negli anni settanta, immersi totalmente nella riflessione politica, anche qui a Conversano, con categorie e orizzonti molto diversi da quelli attuali, cito solo questa “il privato è anche politico”, dove avevamo costituito un circolo politico che raggruppava tutte le anime, e vi assicuro che erano tantissime, che si collocavano a sinistra del PCI. Lo chiamammo “Che Guevara” dal nome del famosissimo comandante artefice, con Fidel Castro, della rivoluzione cubana, ora noto ai più come logo stampigliato su magliette e gadget vari.
Luciano era tra gli animatori, però con il suo stile particolare che non prevedeva capi e schieramenti preconfezionati, il suo spirito libero se proprio vogliamo nominarlo con le categorie dell’epoca potremmo accostarlo agli indiani metropolitani, agli anarchici individualisti, ai freakettoni, ma al di là di questi macrocosmi, che poi tanto macro non erano, Luciano era Luciano, unico quindi. Entrambi leggevamo Lotta Continua, che tra tutti i giornali e giornaletti che si stampavano era quello più in sintonia con le nostre idee, il problema era che a Conversano, nell’unica edicola dove arrivava, quella sita in largo della corte, sovente si trovava una sola copia e quindi io e lui facevamo a gara a chi arrivava prima per acquistarla, leggerla, ma anche per sfoggiarla, perché allora si portava ripiegata, con la testata bene in vista, sovente depositata nella tasca posteriore dei pantaloni. Il movimento politico, che pur ispirandosi al rivoluzionario Guevara” … non voleva fare la rivoluzione intesa come momento armato, ma voleva soprattutto cercare di eliminare i ladri e le sperequazioni…additare i corrotti senza mai ossequiarli, questa la nostra rivoluzione “come si leggeva tra i punti salienti del suo pensiero politico pubblicato sul giornale ciclostilato “Sale G…Rosso”, era un’assemblea permanente. 
Quasi ogni domenica si voleva pubblicare un manifesto scritto a mano, che si chiamava tazebao, ispirandosi ai manifesti murali cinesi, per affrontare varie questioni proponendole poi alla pubblica opinione, pertanto si discuteva persino sulle virgole sino a notte fonda ed il risultato finale frutto di una serie di mediazioni, su mediazioni, tra i vari punti di vista dei componenti. Luciano, che ribadiva la volontà di espressione anche delle minoranze, non accettava di vedere il suo modo di pensare annacquato o incanalato per sottolineare o peggio ancora censurare la riflessione collettiva. Allora, aveva costruito una sua bakeca, struttura in legno apribile e richiudibile che aperta si auto reggeva, dove vi affiggeva i suoi pensieri, il suo modo di vedere ed interpretare la realtà politica e sociale, firmandosi spesso: ”l’ala creativa del movimento”.
Mi piace ricordare quel clima di riflessioni, sull’universo mondo che si voleva demolire e ricostruire, di citazioni di giornali, libri e riviste, che quasi sempre si protraevano sino a tarda ora. A proposito, Luciano tra di noi era il più tiratardi, tanto è vero dicevamo che lui chiudeva quello spazio reale ed immaginifico nel quale vivevamo, e Enzo, che si svegliava prestissimo, invece lo apriva, ora entrambi passeggiano e chiacchierano, da buoni indiani metropolitani, “nelle celesti praterie”.
Si progettavano i primi viaggi in autostop aventi spesso come meta concerti e raduni, che grande stagione musicale abbiamo ascoltato e vissuto, basta fare alcuni nomi i Doors, i Pink Floyd, Bob Marley e si vivevano i primi amori, ricordo ancora il nome di quello di Luciano, si chiamava Nora, era di Firenze o “di quelle parti”, venuta ovviamente in autostop e credo ripartì nella sua città con un passaggio gentilmente offerto da un camionista, benedetti camionisti, amici ed alleati nelle nostre sgroppate in giro.
Il punto più alto, se possiamo definirlo così, dell’impegno politico fu la decisione di partecipare con una lista civica che chiamammo “Nuova generazione”, alle elezioni amministrative del 1980. Luciano non condivideva la scelta perché secondo lui, anche se avessimo raggiunto l’obiettivo che ci eravamo prefissi, cioè quello di un rappresentante in seno al consiglio comunale, non avremmo potuto modificare il modus operandi della nostra città, tanto è vero che non solo non si candidò, ma se pur a malincuore ci disse, e forse lo scrisse persino sulla scheda elettorale: “Mi dispiace, ma non posso”.
Quel momento non solo fu l’apice, ma anche il colpo di coda di una militanza politica attiva, piegata anche dalla fine di quelli che furono definiti “gli anni di piombo” ed persino qui da noi, quasi come quello che accadde a livello nazionale, ci fu un cambio di rotta che portò in tanti a rifugiarsi nel privato oppure a scegliere altre strade, come quella dell’impegno culturale.  Non casualmente ho accennato alla grande stagione musicale perché voglio citare un altro importante gruppo italiano di quel periodo, gli Area che videro morire il suo leader, una delle voci più potenti e particolari che la musica rock e non solo abbia mai avuto, Demetrio Stratos, nel giugno 1979 alla vigilia del grande concerto di Milano promosso per raccogliere fondi per garantirgli la costosa degenza. Fu proprio Demetrio a dare il nome al circolo culturale che nacque dalle ceneri del “Che Guevara” e che si proponeva di fare dell’impegno culturale il grimaldello per combattere e cambiare quel mondo che continuava a non piacerci, provando a modificarlo partendo dal modo di pensare. Nel nuovo circolo non poteva non avere uno spazio importante il libro e la lettura, alternativa ovviamente, e Luciano divenne il libraio di quella improvvisata libreria. Ma anche l’arte nella sui vari risvolti ormai era entrata nel nostro universo, Luciano da sperimentatore aperto ad ogni esperienza creativa, offrì anche il suo corpo all’arte, cioè permise ad un giovane amico scultore di realizzare il calco in gesso della sua persona. Ho ancora dinanzi agli occhi le facce e il suono delle risate e delle frasi dalle mille sfumature, un’altra assemblea, nella quale ognuno si esprimeva su come si dovesse eseguire nel modo migliore quell’opera d’arte.  Contorno gioioso da un lato, ma anche preoccupato dall’altro, non solo per la riuscita del modello scultoreo, ma anche perché, soprattutto per il calco al volto, il povero Luciano, se pur col l’aiuto di una cannuccia per respirare, ebbe serie difficoltà. Possiamo dire che alla fine l’esperimento non riuscì in toto, ma il pomeriggio resta, per usare una metafora artistica, incorniciato come uno dei quadri più divertenti e bizzarri di quella stagione. Il calco o mezzo calco, non so che fine abbia fatto, per un po’ restò appeso come un cimelio nella sede, ma se fosse da qualche parte avremmo almeno di Luciano il suo sembiante artistico e, permettetemi di dirlo ormai a distanza di anni, un po’ tutta la sua vita può apparire come un’opera d’arte, un po’ naif, ma sicuramente molto, ma molto colorata, come d’altronde il suo modo di vestire ed apparire. Per finire voglio menzionare anche un altro momento artistico di Luciano questa volta pittorico, un murales di piccole dimensioni, realizzato sulla parete a fianco ai mitici tre gradini dove eravamo soliti sederci, ora ingresso del ristorante bar Verso, che prendeva spunto da un incidente realmente occorsomi. Avevo comprato da neppure un mese, ovviamente a rate, una due cavalli, un’auto che all’epoca andava per la maggiore, tanto è vero che recentemente hanno anche intitolato un film ambientato in quel periodo, feci un incidente con un personaggio senza arte e ne parte, ma soprattutto senza assicurazione e soldi per rimborsare il misfatto. La macchina si distrusse, tanto è vero che dovetti rottamarla, io per fortuna non mi feci nulla, restai soltanto senz’auto ed oltre al danno la beffa di doverla ugualmente continuare a pagare. Luciano sul muro aveva realizzato una simpatica vignetta e quando la vidi contribuì a farmi sbollire la rabbia ed a pacificami un po’ con l’accaduto.
Grazie caro per avermi sempre aperto uno spiraglio con il tuo estro e con il tuo punto di vista anticonformista che più tardi capirò essere un “Punto Rosa”, sono certo che anche lassù, sulla tua bacheca, continui a scrivere o a disegnare quando ti accorgi che anche il buon Dio ha qualche attimo di distrazione. Un abbraccio nel vento della nostra eterna ed indimenticabile giovinezza, Luciao amico mio…

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