La nuova sistemazione della piazza sta suscitando un vivace dibattito tra i cittadini. Come al solito ci si schiera pro o contro senza però fare un’accurata analisi del progetto e su come lo si stia realizzando. Diciamo subito che le categorie “mi piace, “non mi piace” non servono a nulla perché ciò che per me è “bello” può non esserlo per altri, o viceversa. Quindi, se procediamo in questo modo, le chiacchiere restano sempre a zero, come si dice in questi casi.
Allora bisognerà procedere in maniera diversa. Un mio vecchio professore mi diceva che per distinguere una buona architettura da una “così, così” bisogna guardare i dettagli: come sono stati accostati due o più materiali diversi, come si è risolta la linea di contatto tra una parete verticale e il pavimento orizzontale, cosa succede quando una superfice cambia direzione, come si è riusciti a far dialogare il passato con il presente e così via.
La prima cosa da fare, quindi, è andare sul posto e cominciare a guardare i dettagli. Nel nostro caso, per fare
un esempio, il disegno delle basole che scendono da via Di Vagno, trovano un corretto prosieguo quando
arrivano nella piazza? Le nuove basole sono per forma, dimensione e orientamento coerenti con quelle
preesistenti? Si è pensato ad un elemento di stacco tra le due diverse direttrici della giacitura? quale è il disegno delle basole del resto della piazza? si coordina con gli arredi previsti? questi arredi (panchine, fontane, pensiline, rastrelliere per le bici, ecc.) sono stati disegnati e progettati ad hoc o sono semplicemente elementi anonimi e preconfezionati acquistati, a risparmio, in qualche marmeria di una anonima zona artigianale di un anonimo paese della provincia?
Sappiamo cosa era questo spazio prima dei lavori di risistemazione: un anonimo rettangolo piastrellato, adibito a parcheggio, con una alberatura lungo il perimetro. Nella nuova versione cosa diventa? migliora la situazione precedente o, nella migliore delle ipotesi, la migliora solo per il fatto che vengono eliminate le auto? si prevede che possa diventare un gradevole punto aggregativo per i cittadini?
Sappiamo che l’inspiegabile (almeno apparentemente) spostamento della fila di alberi del lato nord per
accostarla all’altra del lato opposto è dovuto ad una prescrizione della Soprintendenza che con questa richiesta ha ritenuto giusto mettere in collegamento visuale la porta cinquecentesca di accesso al Casalnuovo con la facciata della chiesa del Carmine. Si potrebbe anche obiettare e non condividere questa scelta, ma questo è, e ci si è dovuti adeguare.
Ma si poteva fare di meglio? ci potevano essere altre soluzioni? si potevano disporre gli alberi in maniera tale da creare una sorta di corridoio visuale che dalla chiesa guardasse verso la porta creando un taglio diagonale per rompere la rigidità dell’impianto rettangolare della piazza, magari infittendo il numero di alberi per creare una gradevole zona di confort ombreggiato in contrasto all’isola di calore che diventerà quel luogo, nella metà settentrionale, quando i lavori saranno terminati? questo taglio diagonale poteva essere fatto con una aiuola bassa, che quindi non avrebbe costituito un ostacolo visuale, e al contempo avrebbe aumentato la superficie drenante della piazza?
Io non so se a monte di questa realizzazione ci siano stati ragionamenti di questo tipo da parte dei progettisti e mi metto nei loro panni per comprenderne le difficoltà che hanno dovuto affrontare, sia per il budget modesto a disposizione sia per i vincoli imposti dalla Soprintendenza. Però, penso anche, che adottare una buona pratica di condivisione dei progetti che hanno una ricaduta sulla qualità della vita dei cittadini prima dell’inizio dei lavori, forse potrebbe portare ad avere idee e suggerimenti anche da chi vive quotidianamente in quei luoghi.
Ciò che mi auguro è che anche da noi questo metodo diventi una normale pratica di governo della città come avviene in tante realtà, piccole e grandi, in altre parti d’Italia e in Europa.
Un’ultima chiosa: via Di Vagno, che scende da Piazza XX Settembre, è un antichissimo asse viario che
dall’acropoli di Norba andava in direzione di Turi, verso Monte Sannace e Taranto, che nel XVI secolo viene
inglobata e rettificata nell’impianto ortogonale di Casalnuovo. Infatti, si usciva dalle mura attraverso Porta
Carmine, si passava davanti alla chiesa del convento e si proseguiva verso il crinale delle Murge tarantine.
Questa forte impronta del passato trova una qualche traccia nel progetto della piazza come, ad esempio, una colorazione diversa o un materiale diverso lungo il bordo settentrionale per riportare alla memoria dei cittadini un frammento della nostra Storia? Io un pensiero ce l’avrei fatto.
Paolo Perfido già docente di Rilevo dell’Architettura al Politecnico di Bari

Ottimo intervento del Prof. Perfido. In un paese di allenatori di calcio e sismologi, finalmente parole ponderate e competenti. Che mettono a nudo un progetto e una realizzazione forse non altrettanto ponderate.