I grandi scrittori sono capaci di riassumere in poche parole lo sviluppo di un intero romanzo, riuscendo altresì a produrre un moto di riflessione. E l’incipit folgorante di “Anna Karenina” di Tolstòj, appena riportato, appartiene a questa categoria.
In sostanza il romanziere russo non solo ci fa capire quale genere di vicenda andremo a leggere, ma sottolinea indirettamente che è molto più facile trovare spunti per una storia nell’infelicità delle persone, ognuna con le sue peculiarità, piuttosto che nelle situazioni felici, molto spesso talmente simili che non meritano attenzione.
Direi che questo assunto è noto in tutto il variegato mondo della creazione artistica, in cui il dolore, la nostalgia, la tristezza sono in netta maggioranza rispetto alla solarità della gioia. Si pensi alla poesia, giusto per fare un esempio su tutti.
Ma dato che tutte le frasi memorabili non sono mai vere al cento per cento, con una mossa di cavallo, voglio qui enfatizzare un caso in cui anche la felicità assume dei connotati peculiari. In questo caso, una felicità del tutto particolare e personale.
Sempre nel romanzo in questione, Tolstoj, per descrivere l’abbagliante vista di Anna da parte dell’innamorato Vronskij, utilizza questa frase molto bella, già riportata in un precedente sassolino:
“Scese, evitando di guardarla a lungo, come si fa col sole, ma vedeva lei, come si vede il sole, anche senza guardare.”
Ora, nel sovvenirmi, questa frase mi ha fatto ricordare di colpo qualcosa che risaliva agli anni in cui ero studente. Infatti essa è strutturata utilizzando una figura retorica, il chiasmo, perché i verbi guardare e vedere sono utilizzati nella sequenza A-B-B-A (“guardarla”-“vedeva”- “vede”-”guardare”), che è una sequenza chiastica.
Ebbene, colui il quale mi insegnò la figura retorica del chiasmo è stato il mio docente di italiano al liceo conversanese “Sante Simone”, il prof. Pietro De Filippis, allorquando, nello spiegare i Canti XI e XII del Paradiso dantesco, fece notare che la vita di san Francesco e san Domenico e la storia dei loro ordini era mirabilmente organizzata attraverso la figura retorica del chiasmo.
Il fatto di aver riscoperto questa sequenza chiastica in una frase di Tolstoj, tanti decenni dopo, è per me un motivo di felicità tutta speciale: quella figlia di un altrettanto speciale momento di apprendimento, di quelli che valgono per tutta la vita.