Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria / col suo marchio speciale di speciale disperazione / e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi / per consegnare alla morte una goccia di splendore. (Fabrizio De Andrè, canzone “Smisurata preghiera”)

In questo caldo opprimente, scrivere alla controra – come sto facendo – non è facile. Il pensiero si rallenta, le idee fuggono e la voglia di vacanza, che significa assenza da un’occupazione, si insinua in tutto il proprio essere.

Ma il sassolino ha bisogno di essere rigenerato, per cui, per contrasto, mi sono ricordato di queste parole dell’ultima canzone dell’ultimo album, “Anime salve” di Fabrizio De Andrè.

Il grande cantautore-poeta non poteva scrivere un pensiero più profondo, valido ancora oggi, nella canzone considerata il suo testamento spirituale.

Capita ad una persona non credente di riflettere comunque sull’assoluto. E capita anche che tale riflessione diventi fortissima se ci si trova in una situazione di grave pericolo. De André fu rapito assieme alla compagna Dori Ghezzi e rischiò la vita. Riguardo a quella esperienza estrema vale la pena ricordare queste parole, tratte dal suo libro autobiografico che ha voluto chiamare “Una goccia di splendore”:

“Dori e io abbiamo passato quattro mesi come cani, o peggio. Il cappuccio ce lo mettevano subito, quando schiariva, un solo buco all’altezza della bocca per respirare, e ce lo toglievano per farci mangiare. E qualche volta il pomeriggio, per pochi minuti, che passavamo inventando giochi di carte e di fiammiferi. Forse questo è stato uno dei motivi che mi ha aiutato a resistere, oltre alla vicinanza di Dori, che si è dimostrata alla distanza la più forte. Ma momenti critici ce ne sono stati parecchi, e non nego che spesso ho pensato al suicidio. Mi ero tenuto una scatoletta di tonno, nel caso, disperato, in cui non ce l’avessi più fatta. Dori mi incitava a pensare a nostra figlia Luvi, a Cristiano, ma quella scatoletta nascosta mi dava l’impressione di poter ancora contare sulla mia volontà.

Col cappuccio era difficile parlare. Le ore scorrevano in lunghi silenzi, che per me hanno contato molto perché mi hanno portato a una riscoperta, o perlomeno a delle riflessioni su Dio. Nella mia vita credo di aver spesso messo in discussione la religione, di essermi fatto beffe dei dogmi e di aver osservato crisi mistiche con spirito critico. Eppure io, in quella terra che amavo e in balia di uomini che non capivo, soggetto a un destino che non mi ero scelto, ho ricominciato a credere, a cercare nella forza di un’entità diversa, superiore a quella umana, il bisogno di Dio. Non so ancora se questa sia una mia svolta esistenziale o meno. È stata fatta in tempi troppo drammatici perché io abbia le idee chiare, ma quel che so è che Dio, anche se in modo ancora informe, era dentro di me: ho sentito che c’era.”

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