Ci sono persone che ci rendono migliori. Sono queste le parole che Peppino Cotturri ha scelto per ricordare il suo amico Franco Cassano. Forse è questo enorme sentimento, questo debito di riconoscenza nei confronti del professore, dell’intellettuale, del maestro autentico, dell’amico, che da giorni muove centinaia di persone nella condivisione e nella sofferenza per la sua scomparsa a scrivere due righe, due parole di ricordo.
In cosa Franco Cassano ci ha fatto sentire migliori?
Ciascuno ha il proprio ricordo, l’aneddoto personale, il racconto di un giorno o di una vita, che conserva amorevolmente, nel riserbo del proprio pudore. Ma qui parliamo di una vicenda collettiva, di una storia più grande, nella quale trova ragione anche chi, per paradosso, Franco Cassano non lo ha mai conosciuto direttamente. Forse un filo rosso di natura politica e culturale, che mette insieme chi ha letto i suoi libri, i suoi articoli, chi lo ha incontrato in un dibattito pubblico e chi ha condiviso la sua esperienza di studio e ricerca. Tra queste persone, molto diverse tra loro, è scattato qualcosa, nell’esperienza diretta – intellettuale ed esistenziale – della costruzione di uno spazio identitario comune. Come meridionali, come Sud, come Mediterraneo, come comunità pugliese, come cittadini, come persone. Un noi plurale, vivo e denso. Con lo sguardo lungo del pensiero, Franco Cassano è stato capace di declinare con radicalità nel profondo della nostra esperienza diretta parole come confine, ospitalità, reciprocità, consentendoci di riconoscere punti di vista nuovi e diversi attraverso i quali osservarci e nominarci. Solo un grande intellettuale è capace di visioni così imponenti.
Tutti ricordano la gentilezza di Franco Cassano. Io vorrei ricordare anche il suo rigore, la sua intransigenza e la sua severità verso lo sguardo corto, verso le scorciatoie facili del pensiero; l’urgenza che lo portava a diffidare dei fondamentalismi, nostri e altrui.
Franco Cassano non c’è più. Restano le sue parole, i suoi libri e il suo sguardo di fiducia. L’attesa del tempo nuovo e l’incoraggiamento a proseguire il suo lavoro di ricerca, di impegno, perché per iniziare a nuotare occorre abbandonarsi al mare.
Questa è stata, per me, la sua lezione. E mi ha resa migliore. Grazie Professore.