[occhiello]
Nessuno ha mai dubitato che l’uomo sia costitutivamente un “essere religioso”. Vi è poi in ognuno una naturale attitudine a riflettere sugli ineludibili, fondamentali problemi della esistenza e un insopprimibile desiderio di ricercarne una risposta che appaghi ansie e speranze. D’altronde ogni ricerca – com’è ben noto a quanti vivono in profondità questa esperienza umana e spirituale – è intrisa di inquietudine metafisica o psicologica che sfocia in dramma interiore o in un ampio e confortante respiro dell’animo. Il bisogno di Dio, comunque, è fortemente avvertito da non credenti e credenti.
Uno tra i maggiori poeti “metafisici” inglesi del Seicento, George Herbert (1593-1633), presenta Dio che crea l’uomo e lo colma di “ogni bene possibile” – “vigore, bellezza, intelligenza, onore e gioia” – ma non vi aggiunge l’unico dono che vi rimaneva, “la pace”, poiché dice: “se donassi anche questo gioiello alla creatura, / adorerebbe i miei doni, non me, / e la natura, non il suo creatore”. Pertanto Egli soggiunge: “Si tenga [l’uomo] gli altri beni, / ma con un’inquietudine struggente, sia ricco e triste, perché almeno, / se non guidato da virtù, sbattuto dalla stanchezza / approdi in mio seno”. Una inquietudine, dunque, che è anch’essa dono di Dio, perché avrebbe il compito di riportare la creatura fra le Sue braccia, risvegliandola dal nefasto sonno dell’idolatria. Solo in Dio può trovare pace l’animo umano!
Il dramma dell’inquietudine psicologica, segnata dal bisogno di Dio, si ravvisa nel poeta livornese Giorgio Caproni (1912-1990) che ha consumato la sua vita nella ricerca affannosa e disperata di Dio, trovando soltanto “tracce elusive e vaghi indizi – ragguagli / reticenti o comunque / inattendibili”. Non gli era possibile però rinunziare alla ricerca, poiché un “Dio” inesistente avrebbe ceduto il posto allo spettro del “Nulla”, che gli faceva paura. Di qui una preghiera che è piuttosto l’espressione di un desiderio e di una esigenza: “Ah, mio Dio. Mio Dio. / Perché non esisti?”. E ancora: “Dio di volontà, / Dio onnipotente, cerca / (sforzati) a furia d’insistere / – almeno – d’esistere”.
Il bisogno che l’umanità, di oggi e di sempre, ha del Cielo è l’idea dominante della “Preghiera a Cristo” con cui Giovanni Papini (1888-1956) conclude la Storia di Cristo. Ne presentiamo un brano: ogni commento ci pare superfluo.
“Abbiamo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro […]. Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il bisogno che c’è di te, in questo mondo […]. Tutti hanno bisogno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno assai più di quelli che lo sanno. L’affamato s’immagina di cercare il pane e ha fame di te; l’assetato crede di voler l’acqua e ha sete di te; il malato s’illude di agognare la salute e il suo male è l’assenza di te. Chi cerca la bellezza nel mondo cerca, senza accorgersene, te che sei la bellezza intera e perfetta; chi persegue nei pensieri la verità, desidera, senza volere, te che sei l’unica verità degna d’esser saputa; e chi s’affanna dietro la pace cerca te, sola pace dove possono riposare i cuori più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere e il loro grido è inesprimibilmente più doloroso del nostro”.
Celeberrima e folgorante l’espressione di Sant’Agostino: “Hai fatto il nostro cuore per Te ed inquieto è il nostro cuore finché non riposa in Te, o Signore”.
Dell’inquietudine aveva fatto il filo d’oro delle sue Confessioni.