Il Patto di Cura era stato annunciato come segno di giustizia sociale, un sostegno concreto per i più fragili e le loro famiglie. Doveva essere un aiuto semplice e diretto, capace di riconoscere la dignità di chi ogni giorno porta sulle spalle il peso della cura.
La realtà ha mostrato altro: procedure complicate e ritardi nei pagamenti. Le famiglie, invece di ricevere sollievo, si trovano a dover anticipare spese già programmate. Chi vive con una sola pensione è costretto a rinunciare persino alle visite mediche. E molte, per rimediare ai ritardi degli accrediti, hanno dovuto ricorrere a finanziamenti bancari, pagando interessi che aggravano ulteriormente la loro condizione. A questo si aggiunge il silenzio delle istituzioni: quando si chiedono informazioni, non arriva alcuna risposta. E quando si prova a capire i motivi dei ritardi, si scopre soltanto un rimpallo di responsabilità tra Regione e Ambito territoriale, che lascia le famiglie senza spiegazioni e senza certezze. Così i cittadini restano sospesi nell’incertezza.
E qui emerge un paradosso che lascia sgomenti: mentre i più fragili attendono da mesi le mensilità del Patto di Cura, la Regione Puglia ha speso 1,5 milioni di euro per realizzare un ristorante, una sala da tè e un’area relax. Una scelta che mette in luce la distanza tra le priorità dichiarate e quelle praticate, e che rende ancora più evidente la contraddizione tra le promesse di giustizia sociale e la realtà vissuta dalle famiglie.
Sorge allora una domanda inevitabile: le istituzioni hanno davvero valutato le conseguenze di tutto questo, oppure no? Se non c’è stata consapevolezza, si è agito con superficialità; se invece c’è stata, allora si è tradita la promessa di giustizia sociale.
Un impegno, se viene assunto, deve essere mantenuto con serietà e nei migliori dei modi. Altrimenti non va preso. Perché proclamare senza garantire significa scaricare sulle famiglie il peso delle inefficienze e trasformare un diritto in un ostacolo.
Il Patto di Cura deve tornare alla sua origine: un sostegno umano e affidabile, capace di alleggerire e non aggravare. La dignità delle famiglie non può essere rimandata né soffocata da carte e procedure. È un diritto da rispettare, non un favore da concedere.
La dignità non si rimanda. È il primo dovere di chi governa, ed è il primo diritto di chi vive.
Giuseppe Pellicoro