Sono sempre molto sorpreso dal gioco del caso e dalle sue manifestazioni più eclatanti: le coincidenze.
Il 15 maggio sono andato ad una presentazione dell’ultimo libro dello scrittore Andrej Longo, tenutasi alla Biblioteca Civica Marangelli. L’autore ad un certo punto ha voluto evocare un suo ricordo d’infanzia, allorquando imparò a giocare a scacchi dal padre. Mi sono sentito d’intervenire subito dicendo: “Io sono Maestro di scacchi”.
“Sono Maestro di scacchi anch’io!”, ha soggiunto tra il sorpreso e il compiaciuto lo scrittore.
A fine presentazione mi sono avvicinato ed abbiamo continuato a parlare di scacchi. Quando ho scoperto che avevamo solo un anno di differenza, gli ho prontamente detto: “Allora siamo entrambi figli di Fischer!”
La nostra adolescenza fu infatti attraversata da quel grande evento scacchistico mondiale che fu il match per il titolo mondiale tra l’americano Bobby Fischer e detentore, il sovietico Boris Spassky. Si tenne nel 1972 a Reykjavik, capitale islandese, ritenuta un luogo neutro, dal momento che nel mondo vi era la Guerra Fredda tra Usa e Urss. Vinse il genio americano e l’eco dell’incontro fu talmente clamorosa che la popolarità del gioco degli scacchi si diffuse in tutto il globo terrestre.
Ora, le coincidenze non finiscono qui. Proprio poco prima di scrivere questa rubrica, infatti, ho terminato di leggere il libro di Frank Brady “Finale di partita – Ascesa e caduta di Bobby Fischer”. Il libro è una bellissima e completa biografia del genio scacchistico americano che purtroppo dopo la vittoria contro Spassky smise di giocare ed entrò nell’agone della vita dimostrando di avere grandi difficoltà.
Ebreo di nascita, diventò antisemita esaltando l’annientamento di quel popolo e, col tempo, diventò anche antiamericano al punto da lodare l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001.
Lo fece stando di fatto in esilio. Finì i suoi ultimi anni tornando in Islanda, che gli concesse asilo politico in quanto era stata richiesta – essendo lui in Giappone – la sua estradizione dagli Stati Uniti per frode fiscale e per le sue sconcertanti dichiarazioni. Fischer morì nel 2008 a Reykjavik, all’età di 64 anni, che corrisponde curiosamente al numero di caselle di una scacchiera.
Ebbene, il libro termina con l’affermazione riportata all’inizio, che Bobby scrisse in una lettera alla sua fidanzata jugoslava, all’inizio degli anni ‘90.
In un momento di lucidità il grande giocatore capì che il gioco della vita era più grande di lui.