L’uscita del libro “ Conversando con Gilda”, quarto romanzo scritto dal conversanese Paolo Zupa, è stata l’occasione per incontrare l’autore.
Paolo Zupa è stato dirigente (direttore della Ricerca) presso ‘TECNOPOLIS Csata Novus Ortus’, il Parco scientifico-tecnologico di Valenzano-Bari. Da pensionato si è dedicato alle sue passioni giovanili: lettura e scrittura.
La prolifica attività degli ultimi anni di Paolo Zupa ci insegna che i sogni, anche se adolescenziali, vanno sempre perseguiti soprattutto se sostenuti da una passione reale.
Paolo stai cercando di presentare il tuo ultimo libro alla manifestazione “Il libro possibile” partecipando ad una specie di contest in cui il libro più votato avrà diritto di presenza al festival. Questo contest tu lo vivi come un’opportunità oppure alla fine vincerà chi ha più contatti?
Ho già partecipato una volta al Festival Il Libro Possibile di Polignano, nel 2022, presentando il romanzo “Luna crescente”. Questa volta, nel 2025, mi sono iscritto al contest per provare a guadagnare la possibilità di presentare il mio ultimo romanzo “Conversando con Gilda”, per offrire possibilmente al libro (peraltro appena uscito e quindi non ancora noto) una opportunità che ritengo preziosa di presentazione nella edizione 2025 del Festival. Ma il contest premia solo uno dei concorrenti, cioè chi riceve più voti: realisticamente non ho possibilità favorevoli di mobilitare molti contatti con un’opera ancora sconosciuta anche ai miei stessi amici.
La tua ultima opera si ispira a degli scritti di Massimo Recalcati sull’ amore. Quanto è importante la lettura per uno scrittore?
La lettura è fondamentale e imprescindibile. Io ho sempre letto – e intensamente – sin da quando ero un ragazzino, frequentando assiduamente la Biblioteca Comunale, che a quei tempi era nel Castello, curata dal compianto Giovannino Ramunni. Con la lettura si acquisisce la ricchezza della conoscenza, la misura del proprio sapere, il confronto delle idee e delle espressioni proprie con quelle degli altri (soprattutto di coloro che per mestiere, vocazione e capacità hanno la possibilità di trasmettere emozioni, visioni e sintesi che ci arricchiscono e ci guidano). Allora, uno scrittore – perfino un autore amatoriale come me, che provi a narrare storie e indurre riflessioni – può diventare un ponte, un agente di conoscenza fattuale e emotiva, ma deve apprendere, deve formarsi, deve perfino acquisire gli strumenti espressivi e dialettici per trasmettere con la parola scritta quanto ha nella mente o nel cuore.
Quanti libri hai scritto e che tematiche affrontano?
Ho scritto quattro romanzi e alcuni racconti. “Dove vanno le anitre” (la cui riedizione esce a Settembre 2025 per i tipi di Edizioni Progetto Cultura, Roma) è il mio primo romanzo, sia di formazione sia romance, che in estrema sintesi affronta la tematica del legame consumante e sterile che una donna possa trascinare in ombra con un uomo già sposato, talvolta per tutta la vita.
Poi ho scritto “Luna crescente”, un romanzo di formazione edito da Progedit-Bari, che racconta con tenerezza e un pizzico di ironia le vicende amorose e non di giovani adolescenti nella Conversano nella metà degli anni Sessanta.
Ha fatto seguito “La spada trafugata” (riedito in questi giorni da Gelsorosso-Bari) che presenta e discute il mistero ancora irrisolto dell’ubicazione del sepolcro gentilizio dei conti Acquaviva d’Aragona di Conversano nel sottosuolo della chiesa di S. Benedetto, inserendo detto mistero reale nell’ambito di una storia di fantasia che ha l’andamento di un thriller.
Il mio ultimo romanzo, “Conversando con Gilda”, appunto appena uscito per i tipi di GFE-Roma, che procede anch’esso in un crescendo di tensione, attraversa fasi molto drammatiche della vita di coppia, inducendo disillusioni a proposito dell’idea dell’amore eterno che non deraglia mai.
A questi si aggiungono alcuni racconti, tre dei quali raccolti nel volume “Relazioni… estere”.
Hai sempre avuto la passione per il racconto? Quando hai deciso di scrivere?
La propensione e il desiderio di scrivere li ho sempre avuti (appunto di pari passo con le mie letture e con interessi artistici che non mi sono mai mancati), ma l’intenso lavoro che ho fatto dapprima come ricercatore e poi come manager della ricerca (peraltro in un ambito, quello tecnologico, che ben si sa quanto richieda aggiornamenti continui e rapidi) non mi hanno consentito di soddisfarli. In questi ultimi anni ho trovato le condizioni per cimentarmi con la scrittura e, devo dire, con mio piacere (che spero possa essere condiviso da chi vorrà leggermi).
Hai cominciato subito con i romanzi o ti sei approcciato alla scrittura cominciando con i racconti?
Ho cominciato con un racconto, “Epopea greca”, che subito si affermò nel Premio “InediTO – Colline di Torino”, XIX edizione 2020, vincendo il Premio Speciale “European Land”. Il che mi incoraggiò abbastanza nello scrivere altri racconti e i romanzi, che nel complesso hanno acquisito anche loro diversi riconoscimenti.
Quanto sono importanti nelle tue storie le immagini o le avventure vissute da ragazzo?
L’età pre-adolescenziale ed adolescenziale, vissute a Conversano, sono rimaste molto impresse nella mia memoria, e hanno una presenza addolcente nel mio essere: la scrittura di “Luna crescente” ne è la testimonianza più importante e convincente. A quei ricordi (che attraverso il romanzo ho inteso condividere con i miei coetanei e con chi – meno giovane – volesse confrontarsi con quei tempi così scarsamente tecnologici e con gli orizzonti abbastanza limitati di quel villaggio scarsamente globale rispetto ad oggi) mi rivolgo con tenerezza, con sorriso, con emozione, anche quando si tratta di memorie con punte di amaro. Anche nel romanzo “La spada trafugata”, ambientato in Conversano, il protagonista Rocco Palumbo (che è un po’ il mio alter ego, diciamolo), in pensione, rivive con nostalgico affetto le memorie del suo passato giovanile e la rivisitazione dei luoghi della propria crescita e formazione nel paese.
Non vivi a Conversano anche se trascorri quasi tutte le vacanze estive nella nostra città. Nel tuo percorso di scrittore quanto ha influito essere nato a Conversano?
Intanto, se considero quello che finora ho scritto, gran parte di esso riguarda il mio paese.
A parte questo, riconosco (e non vuole essere il vanto campanilistico comunemente condiviso con i miei compaesani, ma una considerazione il più possibile onesta e obiettiva) che ho sempre riscontrato un carattere e una qualità del mio paese abbastanza peculiari, derivanti dalla sua storia e dalle sue tradizioni, dal ruolo istituzionale-educativo che da tempo ha svolto nel circondario, come anche dai suoi stessi abitanti, volitivi, in possesso di una tenacia inquieta e di una certa peculiare propensione (mi sembra) alla dimensione culturale, con una tendenza a viverla con passione e con tensione positiva anche se talvolta fortemente dialettica e conflittuale. Nel nostro paese, insomma, mi è sempre sembrato di vivere in minor misura il provincialismo di cui può essere (stata) tacciata la nostra terra e di aver trovato condizioni idonee e perfino piacevoli alla crescita e al confronto culturale.