Il 25 aprile è la festa della libertà, quella che amava difendere Papa Francesco. Altro che sobrietà

La morte di Papa Francesco ha segnato il mondo intero e ha ridestato le coscienze dormienti che, in queste ore, stanno scoprendo quanto grande sia stata l’opera del Papa, adesso amato da tutti ma avversato da interi pezzi della Chiesa e della società durante il suo pontificato.

Cinque giorni di lutto nazionale con le bandiere a mezz’asta negli edifici pubblici, è tanto ma giusto così. Quel richiamo alla “sobrietà” pronunciato da un ministro del governo Meloni per le manifestazioni e cerimonie del 25 aprile, è suonato come un’altra “liberazione“, questa volta miserabile, dall’imbarazzo che un governo senza alcun rispetto per la Costituzione nutre nei confronti di una ricorrenza che parla di libertà conquistata e difesa con i denti.

Le parole del Ministro si sono puntualmente riversate nella lettera che i Prefetti, quello di Bari lo ha fatto, hanno inviato ai sindaci specificando “In attuazione del lutto nazionale tutte le manifestazioni pubbliche si svolgeranno in modo sobrio e consono alla circostanza“, in riferimento alla concomitanza con il lutto nazionale per la morte del Papa.
Le parole del ministro Musumeci sulla sobrietà sono sembrate, e non solo sembrate, il monito al popolo che festeggia il 25 aprile 2025, l’80° anniversario della Liberazione dal nazifascismo: abbassate il volume, recita subdolamente il monito, perché non c’è aria per la libertà.

Ma quando mai il 25 aprile è stata occasione per fare caciara? Quando mai la lettura di lettere dei partigiani in punto di morte hanno rappresentato la caciara e sono stati momenti poco sobri? “Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato: Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto… Accetto con rassegnazione il suo volere“, può essere, per esempio, questa lettera di un ventenne partigiano sintomo di caos, oppure in linea con quanto Papa Francesco ha gridato per tutto il suo pontificato e nella sua azione da pastore del popolo argentino?

Questa del 25 aprile rimane una data storica per chi l’ha sempre sentita scorrere nelle vene, ma purtroppo continua ad essere una data divisiva per il nuovo racconto e la nuova narrazione di governanti, orfani del fascismo, che non vogliono saperne di riconoscere la portata storica e “costituzionale” di quei giorni, oltre che di quelle vite spezzate.

Il 25 aprile è sempre stato così: un corteo, il canto identitario di Bella Ciao che ormai utilizzano tutti i paesi quando si tratta di difendere la libertà, il discorso vicino il monumento ai Caduti di tutte le guerre pronunciato dalle autorità e dall’anno scorso, a Conversano, dall’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) che il 25 aprile 2025 sarà rappresentata da Enzo Locaputo, suo nuovo presidente.

Cosa può esserci mai di poco sobrio in questa manifestazione, e nelle altre migliaia di manifestazioni in tutta Italia, che inneggiano alla libertà acquisita dopo il ventennio fascista? Le parole, si sa, sono importanti. In contesti istituzionali, quando parla un ministro o un sindaco, assumono un significato sostanziale e non solo formale.

Il 25 aprile, è bene ricordarlo, rimane una pietra miliare dell’Italia antifascista. E la libertà non fa rima con sobrietà ma con la gioia di pronunciarla ad alta voce. Come avrebbe fatto, e come ha sempre fatto, Papa Francesco al quale tutti dobbiamo rivolgere un pensiero e un abbraccio sincero. Per averla evocata in ogni parte della terra.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *