Continua il dibattito sulla separazione delle carriere dei magistrati. Nel pacato botta e risposta tra il giudice Vito Fanizzi e l’avv. Gianvito Mastroleo i motivi di due diverse posizioni.
Caro Gianvito, anzitutto grazie del tempo che hai dedicato alle mie riflessioni e della possibilità che mi offri di discutere in modo pacato dell’argomento.
L’oggetto delle mie riflessioni era unicamente il tema della separazione delle carriere: non intendo entrare nel merito delle dinamiche politiche o degli intenti punitivi che sarebbero alla base della riforma; ho volutamente tralasciato gli altri aspetti della riforma (alcuni dei quali, come quello del sorteggio dei rappresentanti dei magistrati, francamente discutibili). Ho segnalato le buone ragioni della proposta, nella
consapevolezza che la Costituzione è oggetto da manovrare con massima cura.
Ho trovato però insopportabile che, negli approfondimenti televisivi serali, si sia parlato e si parli della questione della separazione senza un minimo riferimento al dato letterale della norma che si intende introdurre ed al solenne impegno che accompagna la presentazione. Non do per scontata la malafede del Governo (come osservi tu, alla logica impositiva che sembra muovere il governo si accompagna un assetto di contrapposizione dei magistrati, sempre e comunque, in un dialogo tra sordi che non porta da nessuna parte). Trovo insopportabile che la questione della giustizia sia appaltata, nei talk show serali, sempre agli stessi giornalisti (nessuno dice che all’origine della vicenda Almasri vi è un’interpretazione discutibile dei Giudici della Corte di Appello di Roma; nessuno, quando il tema caldo era la trattativa Stato – mafia, invitò il professor Giovanni Fiandaca ad esprimere le sue motivatissime riserve sul processo di Palermo, confinate sulle pagine del “Foglio”).
E’ vero, molti magistrati restano nell’ombra e non fanno sentire la propria voce a vantaggio della minoranza più rumorosa. Io, da parte mia, ho scritto anche un libricino per evidenziare le criticità della categoria alla quale mi onoro di appartenere; non vado in televisione (anche per la mia timidezza) e, naturalmente, tutto è più difficile.
Grazie ancora, un caro saluto.
Vito
Ho letto l’acuto disincantato intervento del giudice Fanizzi, e le considerazioni dell’avv. Mastroleo, già mio apprezzato difensore all’epoca del presidente Gallo quando le sentenze si scrivevano e pubblicavano a mani nude e i giudici avevano il tempo di leggersele tutte le carte, sulle caratteristiche di “militanza” della parte di magistrati che maggiormente intervengono nel dibattito pubblico, cosa a mio avviso non negativa ma che lo diviene quando la militanza si traduce in corporativismo. Lo stesso che un quindicennio orsono indusse svariati magistrati a sottoscrivere un esposto contro una loro collega rea di aver esercitato un diritto, quello di denuncia che ad ogni cittadino spetta, e nel caso da lei ritenuto dovere di magistrata.
Non ho le conoscenze di un Palamara tali da consentirmi la prospettazione di ipotesi di interventi globali in materia, ma non credo occorrano tante conoscenze per cogliere il corporativistico distacco dalla realtà , e dalla genuina democraticità della MD iniziale, ed inorridire sentendo affermare dai vertici di non distante magistratura che “il sorteggio per il CSM farebbe dei magistrati l’unico ordine professionale a cui sarebbe impedita la elezione democratica dei propri rappresentanti”. Affermazione a cui assai superficialmente , e nella foga corporativa, sfugge che l’avvocato, il medico, il commercialista, il farmacista, l’agronomo, se lo sceglie e sostituisce a piacimento il cittadino; a differenza del giudice che gli viene imposto. I consigli degli ordini professionali non effettuano atti che incidono sulla vita dei cittadini, a differenza degli atti del CSM, ordine costituzionale e non professionale, i cui atti incidono sulla vita dei cittadini, specie quando determinano vere e proprie concentrazioni locali di dirigenti appartenenti alla stessa corrente, con conseguente fenomeno di presunzioni di innocenza rafforzate per alcuni ed indebolite per altri.
Qualunque sostenitore della democratica elezione del CSM inorridisce, e giustamente, a proposito della elezione da parte dei cittadini della maggior parte dei procuratori dei distretti giudiziari USA, organi giudiziari che in tal modo divengono corollari del potere e dei partiti politici. Ebbene è quanto avviene , negli ultimi decenni, per i nostri rappresentanti politici nelle istituzioni, e similmente per i membri del CSM votati dagli associati in correnti.
Certo che il sorteggio non presenta tutti i connotati rispondenti ai principi costituzionali , ed in particolare a quello dell’accesso per concorso alle cariche dello stato, ma di certo, per la sua garanzia di imparzialità rappresenta un passo in avanti, rapido e immediato verso di esso. E, è giusto dirlo, una sorta di rivincita per quella martoriata magistrata che per prima ed unica, e non certo per amore di Berlusconi , ne auspicò l’avvento un quindicennio orsono.