L’8 e 9 giugno si vota per i referendum su lavoro e cittadinanza. Il commento sui cinque quesiti

L’importanza dei cinque referendum per i quali gli italiani sono chiamati a votare è inversamente proporzionale all’apparente disinteresse verso un istituto, quello del referendum, che in passato ha determinato svolte epocali in Italia, a partire da quello sul divorzio nel 1974.
Il tema del lavoro e il chiaro riferimento alle norme del jobs act, sono alla base dei quattro referendum proposti dalla Cgil di Maurizio Landini.
Il quinto referendum, quello sulla possibilità di ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale per la richiesta di cittadinanza italiana da parte di stranieri, è stato invece proposto dal partito +Europa di Riccardo Magi.
Cinque referendum sui quali c’è un sostanziale silenzio della tv pubblica nonostante i vari appelli dei promotori. Atteggiamento che mette a serio rischio il raggiungimento del quorum, il 50% dei votanti, senza il quale gli stessi referendum non sarebbero validi e non avrebbero alcun peso nella legislazione vigente.
E non è passato inosservato l’atteggiamento di alcuni personaggi politici che ricoprono incarichi istituzionali che hanno invitato gli elettori a non recarsi ai seggi. Tra questi il presidente del Senato Ignazio La Russa le cui dichiarazioni hanno scatenato una polemica politica legata al fatto che se l’invito al “non voto” arriva da esponenti di garanzia istituzionale, è difficile poi lamentarsi della scarsa partecipazione dei cittadini all’esercizio della scelta quando si tratta di elezioni amministrative o politiche.

QUANDO SI VOTA, A CHE ORA SI VOTA, PER COSA SI VOTA

Domenica 8 e lunedì 9 giugno i cittadini italiani aventi diritto al voto sono chiamati a partecipare ai referendum popolari abrogativi (articolo 75 della Costituzione) su 5 quesiti in materia di disciplina del lavoro e cittadinanza. I seggi saranno aperti domenica 8 giugno dalle ore 7 alle ore 23, e lunedì 9 giugno dalle ore 7 alle ore 15.

I referendum sono:   

  • «Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione»
  • «Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale»
  • «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi»
  • «Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione»
  • «Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana».

1.  Stop ai licenziamenti illegittimi
Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.

2. Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
Nelle imprese con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata  l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione rispetto alla/al titolare. Abroghiamo questo limite, aumentiamo l’indennizzo sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età della lavoratrice e del lavoratore.

 3.  Riduzione del lavoro precario
In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.

 4.  Più sicurezza sul lavoro
Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.

 5.  Più integrazione con la cittadinanza italiana
Riduciamo da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.

(fonte CGIL)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *