Più misericordia per i conviventi

Il padrino di cresima convive, il parroco prima dice no, poi ci ripensa usando misericordia. L’esigenza di una nuova pastorale familiare

Conversano – Che per alcuni parroci della nostra città la convivenza sia vista come forma di peccato, lo si sapeva già. Alcuni mesi fa ad una nostra concittadina, in procinto di sposarsi, gli fu negata la Cresima. Il suo parroco motivò la sua decisione dicendole: “Convivi. Sei una adultera!. Ti cresimo dopo il matrimonio”.
“Eh no!, stando così le cose, dato che convive, suo figlio non può fare il padrino per la Cresima di sua figlia!”.
È stato questo “il non possumus” che un altro parroco di Conversano ha rivolto, alcune settimane fa, a due genitori che gli avevano dichiarato che il loro figlio, padrino di Cresima della loro figlia, conviveva nella città in cui attualmente vive e lavora.
I genitori della cresimanda ebbero una franca, animata e accesa discussione col parroco. Ognuno difendeva i suoi punti di vista. I genitori sostenevano che la convivenza non può essere considerata un peccato e che il loro figlio non poteva essere per questo fatto passare per un peccatore; il parroco sosteneva che chi convive non rispecchia totalmente le virtù comportamentali che un padrino di cresima deve trasmettere a chi si sta cresimando.
Si lasciarono con un nulla di fatto. Il parroco pensò a quanto era accaduto e richiamò i genitori. Alla mamma disse che acconsentiva al fatto che il padrino di cresima fosse suo figlio. Pose solo una condizione, voleva incontrarlo il giorno prima della funzione giusto per vedere chi fosse questo figliolo. In definitiva il parroco usò avere misericordia.
Una misericordia che la Chiesa, sotto il pontificato di Papa Francesco, sembra voler attuare dato che è posta di fronte ai sempre più crescenti contrasti tra i valori proposti dalla Chiesa su matrimonio e famiglia e la situazione sociale e culturale diversificata in tutto il pianeta.
Di fronte ai mutamenti della vita sociale del pianeta, e di Conversano, i credenti conversanesi che scelgono di convivere si aspettano da parte dei parroci una pastorale capace di offrire, per l’appunto, misericordia.
E di fronte ai no possumus, alle chiusure, si sentono disorientati, non capiti. E forte è la tentazione di allontanarsi dai luoghi di culto presenti in città.
In tutta evidenza c’è bisogno di una nuova pastorale familiare che sappia affrontare e dare risposte alle istanze che nascono e provengono dal popolo di Dio.
Le coppie di fatto, i divorziati risposati e il nodo del sacramento della comunione negata, la denuncia del femminicidio e della pedofilia, la questione dell’omosessualità con il no al matrimonio gay, sono questi alcuni dei nodi da sciogliere attraverso una nuova pastorale che, come dice il cardinale Lorenzo Baldisseri (segretario generale del Sinodo dei vescovi) “..sia capace di proporre, non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere; inquietare, mai disilludere”.
Ed è solo attraverso il confronto, l’ascolto, la comprensione la Chiesa, emendata dagli scandali e della vita agiata di alcuni prelati, potrà vedere il ritorno del proprio gregge all’ovile.
Su questi temi molta speranza, attesa e fiducia è riposta nella rivoluzione posta in atto da Papa Francesco.

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1 Comment

  1. Maria Cristina Mazzone says:

    A me non pare che questo possa essere considerato un gesto di misericordia nei confronti dei conviventi. Premettendo che ignoro l’identità dei due parroci a cui si fa riferimento, chi metterebbe la “mano sul fuoco” affermando con sicurezza che il sacerdote protagonista di questo articolo, ritrovandosi nella precedente situazione, si sarebbe comportato diversamente? Non possiamo considerare un parroco punitivo o misericordioso soltanto se il suo atteggiamento ci aggrada o meno. D’altro canto, però, la scelta di un padrino/madrina dotato dei nobili requisiti che la Chiesa abbisogna, non costituisce sempre una garanzia. Quando riceviamo la Cresima, ognuno di noi assicura le proprie buone intenzioni e l’impegno nel diventare soldati di Cristo, riponendo la fiducia in un altro soggetto che riteniamo possa accompagnarci in questo cammino. Ma se il nostro padrino/madrina (ritenuto idoneo al momento) si comportasse male nei nostri confronti, la stessa Chiesa ci direbbe di allontanarlo? No, ci chiederebbe di praticare quella misericordia di cui parlate voi, e se poi ci riusciamo o meno, questo resterà un dilemma tra Dio e la nostra coscienza…..non diremo certo alla Chiesa: “Tu lo avevi approvato!”. La Chiesa non sceglie le persone di cui fidarsi (padrino/testimone di nozze) e con il quale condividere un sacramento, altrimenti non esisterebbero ipocrisia, tradimenti, sofferenze, …….o almeno è quello a cui un essere seppur razionale come l’uomo spera di sottrarsi!
    Penso che i due casi non possano essere in alcun modo paragonabili perchè la benevolenza è stata riservata all’accompagnatore e non al soggetto a cui il sacramento era destinato.