Vi sono frasi che ogni tanto ci tornano in mente. Questi versi fanno al caso mio: riemergono sovente dalla mia memoria.Il loro significato figurato è molto evidente: di fronte al mistero del vivere, ove tutte le domande fondamentali sono avvolte dal buio più impenetrabile, non ci resta che andare avanti.
Eppure questa volta voglio parlare del camminare in senso stretto. Questa caratteristica, figlia dell’evoluzione di centinaia di migliaia di anni or sono, portò degli ominidi – appartenenti alla specie dell’homo erectus – a smettere di deambulare a quattro zampe ed a levarsi in piedi, definitivamente. L’evoluzione della nostra specie non è più tornata indietro, sotto questo aspetto.
Lasciando perdere le mille implicazioni che la postura eretta comporta, mi limito a dire che l’uomo ha prevalentemente camminato fino all’avvento dei mezzi di locomozione meccanici, essenzialmente agli inizi dell’Ottocento.
È stato un processo inarrestabile che è diventato parossistico in questi ultimi tempi, con l’avvento ad esempio dei monopattini elettrici ed altri strumenti simili, tesi ad evitare appunto di camminare.
Ma è davvero un vantaggio questo? In realtà non è così, perché stiamo via via perdendo i grandi benefici fisici che il camminare comporta.
Paradossalmente poi, tanta gente che cammina poco, finisce con il mettersi in palestra sui nastri – in contesti meno salubri dell’aria aperta – per riprendere a camminare o a correre.
E allora il modesto consiglio, condito da un piccolo gioco di parole finale, è di tornare ad essere peripatetici per non rischiare di diventare – fisicamente – patetici.