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“Non si parla più, non si discute più, non si approfondisce più” e se evochi la funzione della scuola ti dicono che ormai è un’azienda
Dino Ridolfi

“Non si parla più, non si discute più, non si approfondisce più” e se evochi la funzione della scuola ti dicono che ormai è un’azienda

I telegiornali o la maggior parte dei talk show politici ci bombardano continuamente con notizie “fast food”. In base a queste notizie noi utenti siamo sottoposti continuamente a fare delle scelte simili a quelle che la maggior parte di noi a subito quando eravamo bambini e ti chiedevano: vuoi più bene alla mamma o al papà? Oggi non ci chiedono più a chi vogliamo bene ma continuano ad imporci delle scelte del tipo: ha ragione la destra o la sinistra? Sei filopalestinese o filoisraeliano? Filorusso o filoucraino? Sei per Messi o per Ronaldo? La società ci vuole così schierati con una fazione o con un’altra e come si ricorderà chi ha fatto il militare dobbiamo essere tutti allineati e coperti.
E’evidente che questo modo di fare lascia poco spazio al ragionamento, all’ approfondimento per poi elaborare delle proprie riflessioni sull’argomento. Siamo diventati dei Twitter viventi perennemente connessi con 150 caratteri a disposizione e con la segreta speranza di totalizzare il maggior numero di like. Purtroppo però i like non aiutano a comprendere un libro quando lo leggi e, soprattutto, non arricchiscono il tuo vocabolario. I dati elaborati dall’ultimo concorso fatto in magistratura ci dicono che il vocabolario dei futuri magistrati nel corso degli anni si è impoverito.
Questo modo smart di relazionarci condiziona anche le relazioni con il prossimo basti pensare all’aumento degli omicidi di donne da parte di ex respinti. Siamo di fronte ad una nuova emergenza e secondo le statistiche ogni tre giorni una donna in Italia viene ammazzata dal proprio partner.Proprio in questi giorni una trentacinquenne di Monopoli è stata accoltellata dal suo ex compagno e adesso lotta tra la vita e la morte. Nel bellissimo film “C’è ancora domani” che vede l’esordio alla regia di Paola Cortellesi, la protagonista viene picchiata dal marito con una certa regolarità e senza un reale motivo, se mai esiste un motivo per picchiare una donna, solo perché da ragazzo lui era abituato a vedere il padre picchiare la madre. E’quello che sta succedendo alla nostra società? Ci stiamo abituando agli omicidi e la maggior parte di noi trova più semplice eliminare il problema piuttosto che affrontarlo o accettare un abbandono? Pare proprio di si.
Questo tipo di omicidi oltre ad eliminare un essere vivente distrugge intere famiglie. Molte volte i figli assistono all’omicidio della propria madre, se non vengono uccisi anche loro dalla furia omicida del padre, e , complice il suicidio dell’altro genitore, restano orfani.
Chissà quali cicatrici si porteranno dietro questi ragazzi per il resto della loro vita e chissà quali cambiamenti subirà la nostra società. Cambiamenti irreversibili con il femminicidio che non farà più notizia e sarà parte dei nostri costumi? No se cominciamo ad associare alle leggi, che servono e devono essere anche molte dure, l’educazione al bello. Cominciamo a spegnere i cellulari e a farci una bella passeggiata senza fotografare i paesaggi, parliamo ai nostri figli in modo da educarli al dialogo. Serve anche educare i ragazzi alla sconfitta, basta sostituirsi ai figli solo per fargli fare bella figura, basta lamentarsi con gli insegnanti perché i voti dei propri figli non rispecchiano l’idea che noi genitori abbiamo di loro.
Per fare tutto questo occorrono notevoli investimenti nell’educazione. Ma da tempo ormai la scuola ha cominciato a fare i conti con i bilanci e con chiunque degli addetti ai lavori ne parli, ti senti rispondere che la scuola ormai è un’azienda. Bisogna invertire la rotta ed avere come faro don Lorenzo Milani che parlando di scuola diceva:”Fare scuola significa svolgere un compito civile di altissimo valore: insegnare a non obbedire acriticamente, in quanto l’obbedienza non è più una virtù”.

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