Si fa sempre più difficile la situazione dopo lo stop al reddito di cittadinanza da parte del governo Meloni
Conversano – La situazione relativa all’eliminazione del reddito di cittadinanza da parte del governo, sta avendo le prime ripercussioni sulle piccole comunità o comuni come il nostro. I comuni e le sedi dei sindacati o patronati (almeno quelle operative), sono diventati i luoghi in cui i cittadini interessati stanno manifestando il proprio disappunto. Infatti la narrazione fatta dal governo Meloni, e prontamente ripresa da coloro che non vedevano l’ora di scagliarsi contro i cittadini più poveri, sta causando allarme sociale nelle città ma, anche e soprattutto, nei piccoli centri.
L’accanimento spropositato nei confronti di chi percepiva il reddito di cittadinanza non trova riscontro in nessun altro momento storico e verso nessun’altra categoria. Sembra che in Italia il problema attuale siano i poveri e il loro stato di povertà, assoluta o relativa che sia.
Il reddito di cittadinanza, una misura che è presente in tutta Europa e nel mondo occidentale, è stato demonizzato in quanto è partita la campagna massiccia contro i cosiddetti “fannulloni”. Come se la situazione di indigenza fosse solo un fatto cercato e non subìto. Abbiamo più volte sostenuto che la misura introdotta a suo tempo, su proposta del M5S, fosse incompleta e contenesse qualche lacuna soprattutto relativa alla fase della ricerca del lavoro e della funzione dei centri per l’impiego, vero problema strutturale dell’organizzazione dello Stato. E che anche tra i percettori del reddito di cittadinanza ci fosse qualche furbetto, come ce ne sono tanti in giro tra i parlamentari, gli imprenditori, gli evasori e gli autoproclamatisi onesti di professione, era chiaro sin dall’inizio. Sarebbe bastato, come è stato ampiamente fatto, procedere con i controlli e il tutto sarebbe rimasto nell’alveo della normalità: con i furbi puniti e i bisognosi sostenuti. E invece il reddito di cittadinanza è diventato il capro espiatorio di una situazione che ci ha portato al serio allarme sociale di questi giorni e che caratterizzerà le prossime settimane e mesi.
Anche da Conversano giungono le voci preoccupate di chi quotidianamente incontra i cittadini nelle proprie sedi sindacali. Antonio Renna, segretario della Cgil della nostra città, lancia l’allarme nell’intervista che ha rilasciato a Oggiconversano.it.
Segretario, qual è la situazione a Conversano dopo l’eliminazione del reddito di cittadinanza?
Certamente la soppressione del reddito di cittadinanza acuisce una situazione che a Conversano come in tutto il Mezzogiorno non è facile, da tempo vado dicendo che a Conversano c’è un serio problema di coesione sociale. il venir meno di uno strumento di sostegno al reddito fa il paio con altre criticità: a) il cambiamento climatico sta pesantemente condizionando in negativo l’agricoltura, il principale comparto produttivo della Puglia e del sud, nè si può sostenere che il turismo stia rimpiazzando l’agricoltura, perché una volta per sempre deve essere chiaro che nel campo della ristorazione e della ricettività alberghiera si arricchisce (eventualmente) solo il titolare della stessa struttura ma chi ci lavora vive una situazione di sfruttamento difficilmente immaginabile. Inoltre il turismo di per sé è un comparto volatile, i flussi turistici cambiano di continuo a seconda delle preferenze degli utenti. per cui il sistema di b&b molto diffuso nella nostra città, quasi sempre a conduzione familiare, e che beneficia del movimento turistico di Polignano e Monopoli, potrebbe venir travolto se questa vera e propria “bolla” scoppiasse e le polemiche di questi giorni sui prezzi esosi lo fanno intravedere; b) il probabile fallimento del PNRR con una massa enorme di risorse finanziarie messe a disposizione dall’Europa che non si riesce a spendere impedirà l’auspicato effetto espansivo della nostra economia.
Quando parlo di coesione sociale a rischio intendo dire che aumentano le diseguaglianze e sempre più conversanesi vengono messi ai margini della vita sociale ed economica (e le percentuali sempre più basse di votanti alle varie elezioni sono una diretta conseguenza di ciò). Non è infrequente sentirsi dire da persone che frequentano la camera del lavoro “non mi posso curare” o “non posso far studiare i miei figli”.
Sono 500 i percettori conversanesi del reddito di cittadinanza. Si presuppone che i cittadini interessati (componenti dei nuclei familiari) dalla misura siano più di 1500. Che risposte potranno dare le amministrazioni comunali su cui si sta riversando la decisione del governo Meloni?
Il Comune di Conversano ed in genere tutte le amministrazioni comunali debbono in questo frangente:
– aumentare le risorse per il welfare, riducendo le spese dedicate a quello che usualmente si chiama “panem e circenses”;
– promuovere progetti di riqualificazione dei lavoratori occupati e non, insieme alle associazioni datoriali e sindacali (è giudizio unanime che nel settore della ricettività alberghiera mancano figure qualificate professionalmente);
– ampliare le zone produttive e garantire alle stesse tutti i servizi necessari;
– promuovere nel settore agricolo forme di aggregazione fra i produttori perchè altro fattore di debolezza è il nanismo delle nostre imprese;
– promuovere progetti di pubblica utilità finanziandoli con risorse proprie.
Oltre la “mazzata” del reddito di cittadinanza, dal suo punto di vista quali sono le misure anti povertà che chiederete alle amministrazioni comunali?
La vera battaglia dei comuni è pretendere di semplificare al massimo le procedure di spesa dei fondi pubblici, con poche norme chiare e pochi centri di spesa formati da funzionari pagati adeguatamente e addestrati. Ma soprattutto i comuni debbono pretendere che lo stato attivi una misura universale di sostegno al reddito, sopprimendo la miriade di bonus oggi esistenti , che deve essere gestita a livello locale non a livello centrale, perché solo i comuni conoscono i veri bisogni delle proprie realtà e sicuramente in questo modo si eviterebbero quelle truffe che purtroppo hanno costellato il reddito di cittadinanza. Altro nodo cruciale è la riforma degli uffici che si occupano dell’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, una incompiuta che rischia di far fallire ogni politica di sviluppo.
La Cgil sta pensando ad uno sciopero generale su questi temi? E cosa ne pensa dell’iniziativa del PD M5S e Azione che hanno proposto il salario minimo (9 euro lorde) per legge?
La legge sul salario minimo è sicuramente una forma di garanzia per il lavoratore anche se riduce lo spazio della contrattazione collettiva.