La grande elasticità dei linguaggi umani consiste nel fatto che contemplino affermazioni che vanno al di fuori della logica. Un esempio eclatante sono gli ossimori. Oppure i paradossi, come quello della frase appena citata. È una cosa bellissima, perché sta a significare che la logica stringata – da quella aristotelica a quella della matematica del Novecento – non è il vero parametro con cui valutare le cose profonde che attengono alla vita. Altrimenti impazziremmo al solo pensiero, a mo’ di esempio, che il tutto sia scaturito dal nulla. Come è successo per l’universo mondo dopo il Big Bang.
Per capire il mistero della vita dobbiamo nutrirci di frasi misteriose. Ecco dunque che la citazione di cui sopra acquista senso, e ci sta a dire che dobbiamo riempire la nostra vita di cose interessanti, per farla diventare, paradossalmente, piena di leggerezza, la stessa di cui scrisse Italo Calvino nelle sue Lezioni americane che avrebbe dovuto tenere nelle più prestigiose università degli Stati Uniti, per parlare delle cose più importanti da consegnare al terzo millennio, prima che un malore non ne stroncasse l’esistenza.
C’è un pensiero che mi arrovella da tempo: quello che il sistema sociale e lavorativo delle nazioni cosiddette avanzate sia un gigante dai piedi di argilla. E questi piedi sono vuoti, pericolosamente vuoti. Rendendo tale gigante sempre più pensante. Di solitudine, di noia, di cose vacue e vane.
Per appesantire di leggerezza quei piedi mi verrebbe da suggerire un solo ingrediente onnicomprensivo: la cultura.