Nel nostro Sud è molto sentito il giorno del 2 novembre, dedicato alla commemorazione dei defunti. Al netto dei venti profani e dell’invasione delle zucche forate – vuote in tutti i sensi – questa giornata impone una riflessione sull’esistenza, proprio come nel finale de “La canzone di Achille”.
Il bel libro di Madeline Miller sta avendo un insperato successo di vendite, soprattutto tra i giovani. Eppure il suo epicentro narrativo è la storia di un amore, quello tra Achille e Patroclo, voce narrante, che la frase riportata vuole consegnare, con le ceneri mischiate dei protagonisti, nell’accogliente grembo dell’eternità.
È quindi una bella storia di due giovani uomini che si amano e che seguono il loro tragico destino, che dai tempi di Omero, con la sua Iliade, riesce a far breccia sino ad oggi, nella sua mitica normalità di fondo.
Fa specie invece quello che è successo recentemente in Parlamento, con l’ennesimo rinvio di una legge che dovrebbe bandire una volta per tutte l’omotransfobia. Così si rimanda ad un futuro imprecisato il tentare di andare verso la normalità culturale delle relazioni umane.
Tornando al tema dell’oltretomba, non posso non citare una suggestiva poesia di Emily Dickinson, ambientata per l’appunto in un cimitero, che fa da contraltare poetico alla frase iniziale:
“Morii per la bellezza – ma da poco
m’avevano composta nella tomba
che un altro – morto per la verità –
venne deposto nel sepolcro accanto.
Domandò sottovoce perché ero
morta. Risposi: “Per la bellezza”.
“Io per la verità. Sono una cosa sola”
disse, “Siamo fratelli”.
Così, come congiunti che s’incontrano
di notte, parlammo
dall’una all’altra tomba
finché il muschio non toccò
le nostre labbra – e ricoprì i nostri nomi.”