“Memorie di Adriano” è un libro intensissimo. Una profonda riflessione sulla vita dentro la vita, fatta da un uomo, un imperatore, che aveva fatto del pensiero, dell’azione, dell’arte e della cultura i cardini della propria esistenza.
Quando si arriva al termine del proprio percorso di vita è inevitabile pensare alle cose essenziali. E tra queste, Adriano individua le biblioteche. Esse sono granai del pensiero contro tutti gli inverni dello spirito che incombono e incomberanno sempre, minacciosi, sul cammino del tempo.
La frase citata mi è venuta in mente dopo aver letto su questo giornale il bell’articolo del direttore riguardo alla recentissima inaugurazione da parte della Fondazione Giuseppe Di Vagno della “Comunity Library” – la Biblioteca di Comunità – presso il monastero di san Benedetto.
In un’epoca caratterizzata da un’inondazione di parole e di immagini che durano il tempo di un istante, pensare a qualcosa di stabile, che consenta di fermarsi a ragionare sulle cose della persona e del mondo che la circonda, è un’operazione meritoria.
Il rischio infatti è quello di lasciarsi sballottare tra i tanti e vacui mondi virtuali e di non vivere appieno la vita reale. L’uomo contemporaneo si deve slanciare in nuove avventure e deve capire che queste attengono al mondo dello spirito. Uno spirito nuovo.
In questo senso avallo completamente la seguente riflessione dello scrittore Claudio Magris:
“Ogni autentico Ulisse contemporaneo deve indossare, più che una casacca da marinaio, la vestaglia da camera, e avventurarsi in una biblioteca; l’Ulisse odierno deve essere esperto dell’esilio della natura, deve essere un esploratore dell’assenza e della latitanza della vita vera.”