Questore a Roma durante il Giubileo e più volte prefetto in varie città d’Italia. Amico e collega di Luigi Calabresi
Conversano – Un grave lutto ha colpito la nostra Chiara Pagnozzi, tra le fondatrici di Oggiconversano e redattrice del giornale. A Milano, dove risiedeva, è morto il papà di Chiara, il dott. Antonio Pagnozzi di 84 anni. Uno dei protagonisti assoluti degli anni di piombo nella città meneghina. Antonio Pagnozzi è stato un alto funzionario dello Stato partendo dal suo paese d’origine Cervinara (AV). Giovane commissario di polizia fu subito trasferito a Milano dove incontrò un suo collega che dopo qualche anno fu ucciso da terroristi: Luigi Calabresi. Insieme segnarono la storia della questura milanese dove Antonio Pagnozzi rivestì più ruoli, e dove fece emergere la sua professionalità diventando, da poliziotto, amico di Mario Capanna, uno dei leader del movimento studentesco degli anni anni ’60 e ’70 e del giovane giornalista di cronaca Giampaolo Pansa, poi diventato giornalista di razza di Repubblica e l’Espresso.
Famosa una foto (allegata all’articolo) che ritrae il dott. Antonio Pagnozzi nella banca dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969, subito dopo lo scoppio della bomba che uccise 17 persone ferendone 88, dando vita alla strategia della tensione che segnò anni e stragi mai risolte.
E’ stato un servitore dello Stato che, se pur di grado superiore e apicale, amava l’azione che si concretizzò, tra le tante a cui partecipava personalmente, con la liberazione di uno degli ostaggi vittima dell’anonima sequestri di quegli anni: Carlo Lavezzari.
Era un poliziotto atipico nel senso che amava il lavoro di gruppo e a chi una volta gli chiese quale fosse il suo maggior successo professionale rispose: “Essere sopravvissuto! Fisicamente, perché per anni sono stato nel mirino dei terroristi. E politicamente perché nessuno ha mai potuto etichettarmi e ciò mi ha fato guadagnare una considerazione unanime. Ma i successi sono sempre frutto di un lavoro di gruppo“. Infatti fu per molto tempo nel mirino dei terroristi che gli scrissero un sonetto con evidenti minacce rivolte a lui e Luigi Calabresi. Ma Antonio Pagnozzi, accusato dagli anarchici di essere stato presente in questura a Milano quando Pinelli volò dalla finestra (in un ancora irrisolto mistero della Repubblica), in quella stessa giornata era a Roma e capeggiava una squadra che scortava Renato Vallanzasca, il famoso criminale.
Dopo l’esperienza milanese il dott. Pagnozzi, ormai diventato un punto fermo per l’organizzazione dell’ordine pubblico dello Stato, fu mandato in giro per l’Italia a ricoprire i ruoli di capo della questura o prefetto. Tra l’altro, l’allora Ministro dell’Interno Giorgio Napolitano dette a lui il compito di dirigere la questura di Roma nel momento della preparazione del Giubileo alla fine degli anni ’90.
Il dott. Pagnozzi è stato spesso nella nostra città a far visita a sua figlia Chiara e alla sua nipotina Agnese di cui era innamoratissimo. Ho avuto la fortuna di incontrarlo più volte, di parlarci e qualche volta cercare di addentrarmi in un mondo che lui aveva vissuto e che io e tanti altri miei amici abbiamo sempre guardato come si guarda agli eventi della nostra storia contemporanea. Più volte abbiamo cercato di organizzare eventi che facessero emergere un’esperienza di vita che ha vissuto da protagonista dalla parte dello Stato e dei cittadini. E tutte le volte ci siamo dovuti arrendere di fronte alla sua ritrosia per la ribalta e per le manifestazioni pubbliche. Solo due anni fa fece eccezione a Milano quando i figli e la vedova di Luigi Calabresi lo chiamarono a ricordare, nell’anniversario della morte, la figura del suo collega di lavoro in questura a Milano. Per l’amico Gigi, come lo chiamava, fece uno strappo alla regola perché quella morte faceva parte della sua stessa storia di servitore dello Stato fino in fondo.
A Chiara, nostra amica e cofondatrice di Oggiconversano, alla mamma Stefania Moro, a Milco Laruccia e alla piccola Agnese giunga il pensiero di tutti noi e la vicinanza che si deve alle persone belle e sempre disponibili. Con l’augurio che un giorno non molto lontano queste storie possano essere raccontate con i documenti e la passione che meritano.
Ognuno di noi lo ha già fatto in privato. Ora desidero cogliere l’occasione e a nome della Fondazione Di Vagno, del CdA e collegio dei Revisori e di ciascuno dei collaboratori, per adempiere al dovere di rendere omaggio ad un servitore dello Stato, fedele e discreto, e di esprimere vivissima solidarietà a Chiara, alla sua Mamma, alla famiglia tutta.
Pienamente condiviso l’auspicio della Redazione.
G.to Mastroleo