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Annata cerasicola: poche luci, molte ombre, ma… redditizia
Un nuovo impianto di ciliegie dell'agro conversanese

Annata cerasicola: poche luci, molte ombre, ma… redditizia

Campagna contrassegnata da stress, fatica e mancati incassi. L’agricoltura nuovo volano economico della città

Conversano – L’annata cerasicola appena conclusasi, al netto dell’incresciosa e poco piacevole situazione che vivono alcuni agricoltori impossibilitati a incassare le bollette, è risultata essere redditizia per gli operatori agricoli. A fine raccolta, che ha richiesto fatica e pazienza, molta pazienza!, un discreto margine di guadagno c’è stato per tutti.
Al netto di questo dato economico, che fa piacere registrare, grava però la situazione pocanzi detta, ovvero alcuni agricoltori, dopo tutti i lavori colturali fatti sul campo, dopo la fatica della raccolta, le spese affrontate, si ritrovano in mano bollette, al momento, non esigibili.
Ho voluto ripercorrere con Giorgio (il nome dato è di fantasia, in quanto mi ha chiesto di non essere citato con quello vero, e poi San Giorgio è il Santo protettore dell’agricoltura) l’annata appena conclusasi partendo, inevitabilmente, dalla notizia del mancato incasso.
Perché è accaduto? Come possono tutelarsi gli agricoltori per prevenire tali raggiri? Per i commercianti che fanno l’asta è il caso di richiedere e/o prevedere, a inizio campagna, il versamento di una fidejussione bancaria a garanzia degli impegni contrattuali che assumono con gli agricoltori? I commercianti, devono essere iscritti ad un albo? Ha ancora senso parlare, a Conversano, di mercato delle ciliegie? Gli agricoltori sono rimasti insoddisfatti per i prezzi spuntati al mercato, ai magazzini. Alcuni pensano di provvedere da sé alla commercializzazione sui mercati nazionali e esteri facendo a meno dei grossi esportatori della città, della zona. In questo modo pensano di guadagnare di più. È percorribile questa strada? Come possono aumentare il loro margine di guadagno?
Giorgio, che opera nel mondo agricola da molti anni, è diretto nelle risposte avendo le idee molto chiare.
“Per tutelare il loro realizzo economico gli agricoltori possono solo attivare una “assicurazione del credito”. Stipularla ha dei costi, ma accendendola tutelano il loro credito. Certamente non tutti la possono attivare, un piccolo produttore non lo farebbe mai in quanto è antieconomico. È quindi uno strumento che solo il grande produttore può pensare, e permettersi, di attivare.
Gli agricoltori che non hanno incassato si dicono certi che, in modo o in un altro, incasseranno quanto dovuto. Ce lo auguriamo tutti!.
Di certo c’è che è potuto accadere in quanto al mercato non ci sono i filtri, ovvero la contrattazione è alla cieca, si basa sulla fiducia. Prevedere che i commercianti versino una fidejussione la trovo un’utopia. Ci sono commercianti che in virtù del loro nome, della loro storia, sono di per sé una garanzia in merito alla solvibilità. Ed è grazie a questo loro blasone molti agricoltori vanno direttamente da loro non passando dal mercato. Quindi loro, che sono stimabilissime persone di cui non ne possiamo fare a meno per motivi economici e commerciali, non penseranno mai di prevedere albi, fidejussioni o altro. Né ci sarà mai una istituzione, il Comune?, in grado di normare un mercato che vive di usi e abitudini atavici.
Quindi, il mercato delle ciliegie non c’è!. E una riprova l’hai nel momento in cui passi dal mercato; fai l’asta, diciamo così!; vai al magazzino per scaricare e lì ti rifanno l’asta!!. Quella per me è la prova provata dell’aleatorietà del sistema, cioè non è definito, normato.
Solo una volta si tentò di normare il mercato. Con la giunta Bonasora, quando il mercato era comunale, si previde per i produttori il possesso del tesserino per entrare nel mercato; c’era la presenza del Vigile Urbano all’ingresso che faceva entrare le auto una alla volta, in quel modo, su quella unica partita di ciliegia presente nel mercato, i commercianti svolgevano l’asta. Poi tutto è andato perso e adesso siamo qui!!!.
Pensare di provvedere a far da sé è lecito, ma pur sempre difficile in quanto si tratta di mettere su una struttura amministrativa, logistica, commerciale. L’intento di guadagnare di più, di veder ben ripagato il proprio lavoro fatto sul campo, lo si può raggiungere solo se i produttori si consorziano.
Requisito basilare è che ci sia fiducia tra loro. A Vignola, terra di cooperazione, funziona così: il socio porta in magazzino la ciliegia; scarica il prodotto e va via; dopo dieci minuti gli giunge il messaggio dalla cooperativa in cui gli si dice il prezzo fissatogli in base alla pezzatura e qualità della ciliegia da egli conferita..”
Un mio amico agricoltore di Adelfia conferisce le sue ciliegie ad uno stabilimento di Rutigliano. Le sue ciliegie vengono scaricate su un nastro per essere divise in base alla pezzatura. A termine dell’operazione, che dura cinque minuti, il commerciante gli fissa i prezzi, o il prezzo, in base alle pezzature, o pezzatura, conferita. È soddisfatto del rapporto, del sistema adottato e del guadagno.
Questa di Rutigliano, insieme a quella di Vignola, è una situazione che ci dimostra che le soluzioni si possono trovare. Ma le possibili soluzioni debbono intervenire in accordo con i grossi commercianti della città che, come ho detto prima, offrono tutte le garanzie in merito alla commercializzazione del prodotto, alla solvibilità economica. Pensare di farne a meno è una illusione, è puro velleitarismo!”.
I prezzi bassi sono stati determinati dalla pezzatura. L’allegagione è stata generosa, ovvero sulle piante c’era molto prodotto. C’è chi è stato bravo nelle operazioni colturali, cioè è ricorso a pratiche colturali lecite, fertirrigazione, concimazione fogliare, che hanno aiutato la pianta nel far ingrossare il frutto. Ci sono stati agricoltori, di Conversano e provincia, che hanno esorbitato nelle pratiche colturali arrivando a impiegare il Dimetoato, un insetticida usato per la lotta contro la Drosophila suzukii, fuori tempo massimo. Hanno conferito le ciliegie senza che siano passati i 14 giorni di carenza. La morale è stata che il commerciante, dopo averle analizzate nel proprio laboratorio, ha richiamato gli agricoltori ridando indietro le intere partite. Siamo quindi di fronte a una scarsa eticità nelle operazioni colturali? Ci sono pochi controlli sul territorio? Cosa mangia il consumatore finale?
“Questa mi giunge nuova!. Comunque, il Dimetoato, il cui impiego è stato autorizzato dal Ministero della Salute lo scorso 27 febbraio, lo si poteva utilizzare sino al 27 giugno scorso. Il suo impiego è stato salvifico in quanto ha salvato il frutto dall’attacco del pericoloso fitofago. Detto questo, nel momento in cui ci sono stati agricoltori che hanno avuto le condotte che hai citato, siamo di fronte a azzardi conclusisi miseramente e sono poco etici!.
Come hai detto, quest’anno c’era molto frutto sulla pianta, servivano tecniche colturali appropriate e lecite. C’è stato chi ha ben operato, arrivando a spuntare buoni prezzi. Chi non ha ben operato li ha avuti bassi.
Magari il prossimo anno l’allegagione non sarà perfetta, ci sarà meno prodotto (da non lasciare sulla pianta come si è fatto per la Bigarreau) con il risultato finale di avere una pezzatura grande e, conseguentemente, i prezzi dovrebbero essere soddisfacenti.
La salubrità del prodotto alimentare deve essere sempre al primo posto nelle coscienze degli agricoltori. C’è sempre chi, per inseguire il profitto, deroga da questo principio etico. I controlli ci devono essere, le sanzioni devono essere esemplari”.
Si chiude qui la chiacchierata con Giorgio. Una conversazione non esaustiva, ma che certamente può essere arricchita attraverso il confronto tra gli attori principali della filiera economica.
Limitarsi a denunciare i fatti e le carenze, a fare in sostanza chiacchiericcio, non serve per la crescita sociale e economica della nostra città.
Una città che, di fronte allo stato di crisi delle sue Piccole Medie Imprese, si sta dando una nuova veste dal punto di vista produttivo ed economico.
E lo sta facendo riscoprendo l’agricoltura come fonte di reddito.
Attori di questo ritorno, in alcuni casi, sono quegli operai vistisi licenziati dalle locali piccole aziende.
Figli di contadini che, coraggiosamente, hanno ripreso in mano i terreni dei loro padri dissodandoli per poi impiantare piantagioni di ciliegio, albicocche, uva apirena.
Al loro coraggio, deve affiancarsi la città in tutte le sue diramazioni politiche, istituzionali, economiche, produttive, sindacali. Una possibilità o un’utopia?.

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