STILL LIFE, Un film sull’imprevedibile bellezza della vita

Vincitore del Premio per la migliore regia nella sezione Orizzonti al Festival di Venezia 2013, Still Life è un film di Uberto Pasolini, che con questa pellicola firma il suo secondo lungometraggio. Superba l’interpretazione dell’inglese Eddie Marsan.

Compostezza e rigore britannico non vengono mai scalfiti nella figura austera di John May, un funzionario comunale che si occupa di ricercare i parenti di persone morte in solitudine e di commemorarne il trapasso con dignità e cura, mestiere che il protagonista svolge con impeccabile impegno e profonda dedizione. La vita scandita e ossessivamente ordinata del sig. May subisce una leggera scossa a causa del suo licenziamento, seguito ai tagli del personale in una attualissima, periferica e poco scintillante Londra non risparmiata dalla crisi economica. Il cambiamento, però, non mette in crisi l’uomo, sì deluso ma intenzionato a portare a termine il suo ultimo caso con consueto zelo. Un caso che non a caso trasformerà il suo approccio alla vita.

Quella che si presenta come la trama cupa di un film in assoluta controtendenza natalizia rivela una poesia e un lirismo inaspettati, non senza iconici richiami alla poesia cimiteriale del preromanticismo inglese, che riportano, però, l’attenzione sempre sulla vita e sulla bellezza nelle sue forme più semplici e immediate, come la novità di una cioccolata calda o la dolcezza di una donna. La ripetitività dei gesti, spesso comici, e le abitudini di vita del protagonista traducono e scandiscono, con perfetta coerenza, la sua solitudine, non molto diversa da quella delle persone di cui egli si occupa. Una non-esistenza che accomuna in alcuni momenti, confondendoli, vivi e trapassati. A percorrere circolarmente la pellicola in ogni dettaglio è proprio il tema della solitudine umana, dell’attesa disattesa, della malinconia, della morte che si affronta sempre da soli, ognuno nel proprio deserto dei tartari, senza tuttavia sottovalutare il potere della nemesi che può restituire quello che ha tolto. Una storia profondamente commovente che, indagando l’animo umano, mette tutti davanti ad un’imprescindibile verità: che l’indole umana sia solare o crepuscolare, la vita accomuna tutti nei momenti topici dell’esistenza e ci ricorda quotidianamente che in ognuno di noi convivono elementi luminosi e oscuri che, senza dover essere temuti o rifuggiti, vanno attraversati ed accettati nella loro compenetrazione. Il compito dell’uomo sembra essere quello di prenderne consapevolezza, perché questa è la Natura nella sua più sublime e crudele autenticità: un’alternanza di delizia e pena, bellezza e disarmonia, vita e morte, unione e separazione. E nonostante tutto, meravigliosa.

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